1861, una Colonna Umbra dell’esercito regio a guardia della frontiera


colonna umbra esercito 1861
Una squadriglia antibrigantaggio

Nel 1860, fatto il Regno d’Italia, l’Umbria diventava terra di confine con il sopravvissuto Stato Pontificio. Ciò creava un paio di “problemucci”, specie nell’Umbria del Sud. Soprattutto erano troppi i renitenti alla leva, una “novità” per gli umbri. Il nuovo Stato – ma guarda un po’ – pretendeva che si facesse il militare, mentre col Papa questo non era mai successo. C’era allora chi saltava il fosso, inteso come il sistema dei fiumi Nera e Tevere, che tracciava in qualche modo il confine, per svignarsela nello stato pontificio e fare marameo alla coscrizione obbligatoria. C’era anche un’altra questione, più delicata. Italia e Francia avevano sottoscritto un accordo secondo il quale l’esercito italiano era garante rispetto ad eventuali alzate d’ingegno da parte di qualche gruppo insurrezionale che avesse tentato di entrare nello stato pontificio.

Insomma, serviva una polizia di frontiera. Il compito non poteva che toccare al nuovo esercito italiano.

Fu così che si costituì quella che fu chiamata la “Colonna Umbra”, il cui stato maggiore fu insediato a Terni. Era il Primo Giugno del 1861. Quattro giorni dopo il generale Filippo Brignone, promosso nell’occasione luogotenente generale, fu inviato a Terni a comandare la Colonna Umbra. Ai suoi ordini due reggimenti dei granatieri di Napoli, due battaglioni di bersaglieri, una batteria di artiglieria, più i reggimenti: Nizza Cavalleria, Lancieri di Monte Bello, Cavalleggeri di Saluzzo, Cavalleggeri di Alessandria. E, per finire, la Brigata Forlì. Se si considera che un battaglione comprende tra 500 e mille uomini e che un reggimento è formato di solito da due o tre battaglioni, è facile calcolare che furono qualche migliaio i soldati impiegati. Il che testimonia quanto fossero acuti i problemi che si dovevano affrontare, anche se va considerato pure che con la Colonna Umbra il Regio Esercito affermava in modo palese e propagandistico di aver preso possesso di un territorio che fino ad allora aveva fatto parte dello Stato Pontificio.

Solo un anno di attività

Non restò attiva per molto tempo la Colonna Umbra la quale fu sciolta circa un anno dopo, nel luglio del 1862, dopo che anche il comandante in capo era stato sostituito. Il Luogotenente generale Filippo Brignone era infatti rientrato a Torino ed al suo posto arrivò a Terni il generale Giovanni Genova Thaon di Revel.

colonna umbra esercito 1861 i due comandanti
I generali Brignone (in piedi) e Thaon di Revel

Certo è che lo scioglimento della Colonna Umbra non fu conseguenza della sua inutilità, perché ci fu subito da lavorare alacremente.  “I refrattari alla leva militare eseguitasi testé nel Circondario di Perugia pei giovani nati negli anni 1839 e 1840 salgono all’ingente numero di 1008” comunicava alla fine di giugno 1861 il regio Intendente generale dell’Umbria  al comandante Brignone. Aggiungendo: “Non esiguo è quello di coloro che dopo essersi presentati all’assento, mancarono all’appello nel giorno 12 di questo mese in cui dovevano essere avviati ai depositi cui erano stati destinati siccome appartenenti alla prima categoria del contingente”. “Pel giorno 5 dell’imminente luglio sono chiamati sotto le armi i giovani della seconda categoria – avvisava l’intendente – e di questi pure i più si renderanno disertori se non si estende la misura presa con buoni risultati […] la quale consiste nell’invio sul luogo di piccoli ma numerosi drappelli di truppa con incarico di perlustrare le campagne ed arrestare i renitenti ed i disertori”. Niente tolleranza, aggiungeva, in una successiva nota il Regio Intendente, “ché sarebbe dai contadini interpretata come segno di debolezza”.

Ma i giovani coscritti umbri, specie quelli che vivevano non troppo lontano al confine, ⇒continuarono a svignarsela. Tanto che nel marzo del 1862, il comando generale dell’esercito comunicava che “il Ministero della Guerra ha rilevato come da qualche tempo le diserzioni che già parevano dover cessare, abbiano ripreso nuovo incremento, e trovando quindi necessario si provveda in modo energico acché abbiano ormai ad avere termine vuol prescritte severe istruzioni e misure che si credono più atte a raggiungere lo scopo”.

Chiudere i cancelli ai disertori fu la principale preoccupazione. Ma non la sola, perché ad essa si aggiungeva il timore di moti rivoluzionari, per cui era stata messa in essere un’intensa attività di intelligence, e quello delle continue ⇒scorrerie di briganti “borbonici”.

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Le frasi riportate in corsivo sono tratte dai documenti
 originali conservati presso l'Ufficio Storico 
dello Stato Maggiore dell'Esercito (Fondo G30)
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