Tassa di due capponi l’anno per riaprire un lanificio

L‘8 agosto 1611

I Priori di Terni approvarono la richiesta avanzata da Giovan Giacomo Castelli, il quale intendeva rimettere in funzione un piccolo lanificio che egli stesso aveva impiantato parecchi anni prima a non molta distanza dal blocco delle abitazioni della famiglia e in prossimità di un arco detto “de’ quattro piedi”. Il lanificio era stato in funzione per diversi anni, ma poi era stato chiuso e lasciato inutilzzato.

Castelli lanificio terni
Terni, la zona in cui i Castelli avevano le loro proprietà

I Castelli erano proprietari proprio lì, vicino all’arco, di un mulino da olio e avevano deciso di avviare un’attività con stiratura di panni lani  con annessa una valchiera: una struttura artigianale per la lavorazione della lana, in sostanza. Dopo qualche anno sia lo stiratore che la valca, “furono abbandonati dal fabbricatore non trovandovi forse il suo interesse”. Fino a quando l’interesse s’era improvvisamente ravvivato, ragion per cui Giovan Giacomo Castelli chiedeva al governno cittadino il permesso per rimettere in funzione il tutto.

Un permesso che i priori gli accordarono, ma ad una condizione: che il Castelli pagasse un canone annuo di due capponi alla mensa priorale,  il giovedì grasso di ogni Carnevale.

 

Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione di memorie storiche

tratte dai protocolli delle antiche riformanze

della città di Terni dal 1387 al 1816″.

Ristampa a cura di Ermanno Ciocca. Terni 1977, Ed. Thyrus.

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