1507: per le donne ternane vesti modeste e morigerate

Erano già state introdotte qualche anno prima regole ferree riguardanti il modo di comportarsi, vestirsi o far mostra delle proprie facoltà economiche con abiti sontuosi o con lussuose feste e banchetti e perfino funerali. Ma nel 1507, il 30 maggio, il Comune di Terni decise un giro di vite ulteriore e di inserire nuovi dettati riguardanti il modo di vestire delle donne e le doti loro assegnate.

Il nuovo regolamento fu stilato da quattro “esperti”: Vincenzo Paradisi, Alfonso Federici, Agabito Castelli, Loreto Ranieri, con l’aiuto di alcuni altri gentiluomini ternani. Intanto si prevedeva

che la dote, per quanto considerevole, non potesse essere superiore ai duecento ducati d’oro, ed il corredo nuziale era limitato a 15 ducati d’oro per ogni cento che andavano a costituire l’ammontare della dote.

Per l resto si vietò alle donne di indossare vesti “d’imbroccato” tessuto con oro o argento e cuffie di filo d’oro. Era permessa solo una fila di perle ad ornamento di vesti e cuffie. Meno che mai andavano usati drappi e velluto di seta, al massimo era concesso che di quei tessuti fossero le maniche ed una pettina. Ovviamente le vesti non dovevano essere troppo aperte o scollate e chi già possedesse tale tipo di vestiti poteva indossarli solo dopo aver provveduto a chiudere le aperture troppo generose.

Nello stesso provvedimento fu introdotta la clausola secondo la quale non era concesso sporgere reclamo se non con un permesso preventivo da parte dello stesso consiglio. Eccezioni erano quindi previste, ma solo in caso valutati come eccezionali e dopo un attento esame da parte dei consiglieri del Comune.

In merito alle doti, inoltre, nel caso qualcuno avesse deciso di largheggiare e andare oltre il limite stabilito di duecento ducati, avrebbe difficilmente trovato un notaio disposto a registrare l’atto. Il notaio stesso infatti rischiava una multa pari a 25 ducati d’oro.

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