1575, dopo tre anni di “botte da orbi” si stabilisce la pace tra Terni e Narni

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Giunti alla fine di gennaio del 1575, duravano ormai da quasi tre anni le liti tra Terni e Narni per questioni di confine. Non si trattava di proteste “diplomatiche”, ma di veri e propri raid da parte di alcuni facinorosi che cercavano lo scontro fisico, distruggevano campi, bruciavano abitazioni. Botte da orbi, insomma. Una situazione piuttosto “delicata”.  Tanto che il papa Gregorio XIII aveva inviato un Commissario Apostolico, Domenico Pinelli, chierico di camera con l’incarico di promuovere un accordo tra i due Comuni o, nel caso ciò si rivelasse impossibile,  decidesse d’imperio sulle controversie dopo aver esaminato le ragioni addotte dagli uni e dagli altri-

Una rivalità proverbiale si sfogò con un certo accanimento nel maggio del 1572- I narnesi reclamavano alcuni diritti di confine nella contrada Macchia Grossa Scarmiglia ed in altri punti ad essa vicini. Terni aveva già i propri contrasti con Papigno, ma ad essi si aggiungevano ora quelli con Narni. Liti e diatribe vedevano la partecipazione attiva della gente del popolo. Non pochi erano i giovani, più animosi, pronti a battersi e non erano pochi sia a Papigno che a Narni coloro che si dichiaravano pronti a far baruffa.

Era l’ultimo periodo del papato di Sisto V che proprio all’inizio di maggio morì. Nel periodo del conclave, che durò dodici giorni, in molti specialmente a Terni si credettero liberi di comportarsi come ritenevamo più opportuno. Giovani ternani più esacerbati si armarono e si diressero verso Narni distruggendo tutto ciò che si considerava costruito dai narnesi sconfinando nel territorio che a loro parere era di Terni: stessa cosa accadde nei confronti di Papigno.

Furono scontri duri, con gente percossa, case incendiate, rappresaglie cruente. Ai papignesi fu tolta la chiave del Castello  come pegno di vassallaggio.

I Priori ternani,  tentarono in qualche modo di porre un freno disordini vietando di circolare armati in città e ordinando di non apssare a vie di fatto nei cfronti di narnesi e paignesi.Ma tutto si rivelò inutile ragion per cui i rappresentanti del Comune si rivolsero al Governatore Pontificio, informandolo della loro estraneità ai fatti riprovevoli che si andavano registrando. Chiesero che il Governatore stabilisse severe punizioni per i responsabili e ricordando che la città era stata “sempre fedelissima ed obbedientissima alla Santa Sede e all’osservanza delle sue savissime leggi”. Il timore era che nei confronti di Terni ci fossero provvedimenti punitivi da parte della Santa Sede.

Il governatore rispose invitando, a sua volta, gli organi cittadini da intervenire con la massima severità in vece sua essendo egli una persona che da sola non poteva certo provvedere.

Era un po’ poco per tranquillizzare Priori e Consiglieri cittadini. Tanto che si decise di inviare tre ambasciatori a negoziare col sacro collegio e con il pontefice nuovo non appena eletto.  Furono incaricati Messer Giovanni Cittadini, il Capitano Clemente Cittadini, messer Cecco Mansueti e Giovanni Andrea Castelli, con particolare istruzioni consegnate loro per iscritto ed in cui si specificava che  gli autori dei disordini, sia nei confronti di Papigno che di Narni eranno stati alcuni giovani che avevanmo agito “contro la volontà della Comunità et del signor Governatore”. Ciò non solo perché hanno sempre contraddetto le iniiative di quesi gruppi ma anche perché “mai è stata sonata la Campana” come si usava fare per chiamare a raccolta i cittadini in difesa della città.

A giustificazione dell’accaduto riferivano anche che i narnesi avevano, in ogni modo, divelto i termini di confine che erano stati fissati anni prima, e che gli abitanti di Papigno, possedimento di Terni da 350 anni, mai si erano rassegnati, e non perdevano occasione per arrecare “disturbi” ai ternani. L’errore principale commesso di giovani facinorosi ternani era stato quello – affermavano – di non aver atteso l’elezione del nuovo pontefice per rappresentare a lui i problemi.

Gregorio XIII, il nuovo papa, decise l’invio del Commissario Apostolico Pinelli.  Un accordo “diplomatico” da questi ricercato si mostrò impossibile da raggiungere e quindi decise lui con una sentenza che fu acquisita dal Comune di Terni il 29 gennaio 1575. Si stabiliva quindi che dalle parti di Collescipoli venisse ripristana la terminazione fissata anni addietro e che i narnesi avevano divelto, mentre verso Cesi si fissava il confine nei pressi di Santa Maria del Termine.

La questione tra Terni e Narni fu così composta. Rimaneva aperta quella con Papigno, ma tanto durava da secoli.  

Fonte: Lodovico Silvestri, Collezione di memorie storiche tratte dai protocolli delle antiche Riformanze della città di Terni dal 1378 al 1816. Ristampa a cura di Ermanno Ciocca, Terni 1977, Ed. Thyrus

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