1888, Teatro Verdi da primato grazie all’elettricità

Teatro Verdi bombardamenti
La ricostruzione del Verdi distrutto dai bombardamenti

Il 28 aprile 1888

Il Teatro Comunale di Terni diventò uno dei primi in Italia ad essere illuminato con la corrente elettrica. A fornirla era la Società della Valnerina, di proprietà di Cassian Bon. Insieme al nuovo impianto elettrico il Teatro Comunale ebbe anche nuovi camerini per gli attori, costruiti  in muratura, ed ospitati in un edificio attiguo. Si trattò in sostanza di un’operazione di profondo restauro che avvenne quarant’anni dopo l’inaugurazione.
La realizzazione di un teatro comunale fu decisa nel 1840, utilizzando un fabbricato di proprietà del municipio lungo quello che oggi è Corso Vecchio. Un palazzo che era nato come Palazzo dei Priori e quindi con funzioni di sede ufficiale del Comune, diventato poi “forno pubblico” e tornato nelle disponibilità municipali. La costruzione, con i suoi oltre cinquecento anni di storia, alla metà del 1800 era diventata ormai fatiscente per cui si procedette alla demolizione. Il progetto fu affidato a Luigi Poletti, “pregiato Architetto Pontificio del Sacri Palazzi Apostolici”, che fu preferito al perugino Luigi Santini.
Luigi Poletti realizzò quella che i tecnici dell’epoca definirono come “una delle sue opere migliori”, con una grande scalinata esterna, ed interno decorato con stucchi e dipinti.
I lavori furono completati in otto anni, e  così nell’agosto del 1849, si procedette all’inaugurazione con la rappresentazione del melodramma “Saffo”.
L’impianto elettrico, realizzato nel 1888, rendeva il teatro ternano uno dei più moderni d’Italia. Quello stesso impianto, però, venti anni dopo aveva necessità di un adeguamento, anche per questioni di sicurezza. Fu l’occasione per un nuovo intervento di ristrutturazione che comprese l’ampliamento del palcoscenico. Ci fu anche una seconda cerimonia d’inaugurazione con una rappresentazione dell’Otello di Giuseppe Verdi cui il Teatro Comunale fu da quel giorno intitolato.
Poi a distruggere tutto ci pensarono le bombe della seconda guerra mondiale.

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