1908, la rivolta degli operai della Carburo di calcio a Collestatte

carburo krumiri
La Carburo di calcio a Papigno. Nella foto in alto, lo stabilimento di Collestatte Piano

La serrata, la dura protesta, gli scontri tra operai e soldati –

Il 15 ottobre 1908 cinquecento dimostranti, in maggioranza donne, armati di bastoni, organizzarono il presidio davanti allo stabilimento della Carburo a Papigno. Volevano impedire l’entrata in fabbrica dei krumiri. Intervenne la forza pubblica e lo scontro fu inevitabile: contusi, binari del tram bloccati, carabinieri, agenti di pubblica sicurezza,  i militari del 51. reggimento di fanteria. Ci furono feriti tra i dimostranti e  tra le forze dell’ordine. Un operaio di Papigno, Fulvio Viola, fu ferito ad un occhio col calcio di un fucile; due donne, Martina Vescarelli e Carolina Raganelli con colpi di baionetta; la stessa sorte toccò all’operaio Giuseppe Bordoni, mentre Bartolome Rinaldi, reatino, fu ricoverato in ospedale per essere stato ferito ad una gamba da schegge di un proiettile. La tensione fu forte.

Le divergenze e la protesta degli operai della Carburo di Calcio erano cominciato nel mese di agosto: ci fu uno sciopero di protesta per la punizione di un operaio ritenuta ingiusta dai compagni di lavoro.  Allo sciopero cui la direzione della Carburo rispose con la serrata: cominciarono allora lunghe trattative per la riammissione degli operai i quali, come annunciava un dispaccio di agenzia, “pretendevano di riacquistare, all’atto della ripresa del lavoro, tutti gli antichi diritti, compreso quello dell’anzianità di servizio”.  Richieste che la Carburo respinse indignata: gli operai avrebbero potuto rientrare in servizio ,ma tecnicamente sarebbero stati considerati nuovi assunti. Non solo: alla sua controproposta la direzione aggiungeva una lista di cinquanta nomi di operai che si rifiutava categoricamente di riprendere in fabbrica. Quasi due mesi di trattative, di proposte e di rifiuti, finché ai primi di ottobre 1908 il Comitato di agitazione chiese un aiuto all’onorevole Domenico Raccuini, deputato del circondario della Provincia di Perugia- Raccuini incontrò i dirigenti della carburo e propose una mediazione che fu subito respinta. Nel frattempo però, la Carburo aveva ripreso la produzione nello stabilimento di Collestatte Piano, utilizzando i krumiri.

E il 15 ottobre la protesta si infiammò: i dimostranti bloccarono il tram che portava i krumiri in fabbrica e dopo una mattinata agitata e di scontri cercò di coinvolgere nella protesta  i lavoratori degli altri stabilimenti ternani, ma al loro diniego si procedette con un tentativo di costrizione, impedendo che ai lavoratori delle acciaierie e della fabbrica d’armi venisse consegnate il pranzo. Solo quelli della Centurini, soprattutto donne, scesero in sciopero e intervennero a Collestatte nel pomeriggio, dando man forte ai loro compagni. Era una vera e propria folla quella che puntò sullo stabilimento di Collestatte piano dove si trovavano i krumiri, protetti da una trentina tra carabinieri e guardie di pubblica sicurezza oltre che da cento soldati. Davanti cancelli avvennero i primi scontri che diventarono più cruenti quando alcuni tentarono di scalare il muro di cinta dello stabilimento: alla sassaiola dei dimostranti  i soldati risposero sparando colpi i aria. Ben presto di contarono i feriti tre carabinieri e un non meglio precisato numero di dimostranti, tra cui due donne colpite con la baionetta e, si diceva, un operaio raggiunto da un proiettile. Intanto era intervenuto uno squadrone di cavalleria mentre il delegato di pubblica sicurezza, Marini, chiese altri trecento soldati di fanteria di rinfnorzo i quali sarebbero arrivati a sera da Spoleto. Il direttore della Carburo.  Marchese Serafini, dispose l’immediata sospensione di tutta la produzione e la chiusura degli stabilimenti di Papigno e di Collestatte Piano. E cominciarono le trattative che si dimostrarono subito difficilissime. Il Comitato di Agitazione chiese l’aiuto della Camera del Lavoro nazionale che incaricò di intervenire il proprio rappresentante a Terni, Costantino Fusacchia. La Camera del Lavoro convocò  per quella stessa sera un incontro con le altre leghe sindacali e con le associazioni politiche, proponendo uno sciopero generale ad oltranza suscitando la protesta ed il rimbrotto dell’Avanti!:  “Per fare una proposta simile nell’attuale stato di disorganizzazione – scriveva il giornale ufficiale del Partito Socialista – bisogna aver perduta, se pur la si ebbe mai, ogni coscienza della propria responsabilità di fronte al proletariato il quale sconterebbe gli errori di capi più o meno improvvisati ma certamente incapaci”. Ancor più duro era il corsivo aggiunto dalla direzione del Partito: “Noi vogliamo credere che la massa operaia di Terni saprà opporre il più reciso rifiuto alla domanda di sciopero generale; poiché la solidarietà di classe non si esplica trascinando tutte le classi al precipizio, ma tentando il salvataggio di quella parte che sta per precipitare. Comunque i socialisti di Terni sapranno fare, contro questi tentativi, il loro dovere”. E siccome la prudenza non è mai troppa il sottoprefetto chiese comunque altre truppe di rinforzo che furono mobilitate da Civitavecchia.

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Fonti:  Avanti!; Corriere della Sera
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