1998, la scomparsa di Walter Lessini Dg delle acciaierie: salvò la Pressa dalla rottamazione

Il 28 gennaio 1998 scomparve a Genova Walter Lessini, amministratore delegato della Fucine Italia, l’ex reparto fucinatura che tra le seconde lavorazioni delle acciaierie di Terni fu l’unica restata in esercizio. Lessini era sicuro che quel reparto avesse grandi potenzialità.
Lessini, cui è stata intitolata una via nella zona industriale di Terni, era soprannominato dagli operai “Il capitano”, perché – dicevano- prima di diventare un manager di Stato era stato, appunto, capitano degli Alpini. A Terni arrivò nel settembre del 1984. Veniva dalla Deltasider, una delle aziende della galassia Finsider e del sistema siderurgico statale. Fu, da subito, vicedirettore generale di quella che ancora si chiamava “Terni Società per l’Industria e l’Elettricità”. Tre anni dopo, nel 1987 eccolo direttore generale delle acciaierie e amministratore delegato della società controllata dalla Terni, La “Lovere sidermeccanica” e la “Attività industriali triestine”, mentre le acciaierie diventavano Tas (Terni acciai speciali).
Una nuova denominazione che rappresentava immediatamente un cambiamento di strategia avviato già nel 1984: fare di Terni un centro siderurgico pert la produzione di acciaio inossidabile e magnetico. Con la direzione generale di Lessini, e Guido Denoyer amministratore delegato e poi presidente, sparirono le seconde lavorazioni: i profilati, la fonderia, la caldareria. E c’erano stati tagli pesanti all’occupazione con migliaia di posti di lavoro persi. Era la strategia Finsider cui Lessini, nel momento di eliminare la Fucinatura cercò di opporsi fino a trovare una soluzione societaria che permise alla fucinatura di diventare un’azienda praticamente autonoma.
Lessini aveva affrontato una lunga e difficile vertenza (si persero migliaia di posti di lavoro a Terni) ma avviò una modernizzazione ed una riconversione degli impianti che non a caso qualche anno più tardi consentirono alla Tas di essere particolarmente appetita sul mercato delle privatizzazioni.
Non gli mancava un vero e proprio orgoglio di essere a capo di una fabbrica “che voglio bella, pulita: chi entra nei capannoni – diceva – deve trovarsi come in ufficio. Abbiamo recuperato tonnellate di rottami ferrosi in giro per la fabbrica”, rottami che furono ovviamente riutilizzati nei forni di fusione. Solo nel caso di un rottame particolare, però, Lessini cercò di opporsi: si trattava della pressa che oggi è esposta in piazza Dante, davanti alla stazione ferroviaria. “E’ un monumento al lavoro ternano ed alla tecnologia, ma vogliono che sia segata e fusa: come rottame vale poco più di un miliardo – fece sapere, parlando con un giornale ternano – perché non promuovete una qualche iniziativa? Possibile che non ci sia la possibilità di trovare un miliardo di lire?”. Il Comune – sindaco Gian Franco Ciaurro – con l’assessore ai lavori pubblici di allora, Enrico Melasecche, fu sensibile e la pressa si salvò. Poi a rimetterla lì, a verniciarla e a renderla un monumento, a scriverne, ci pensarono in molti, ma quella pressa fu salvata proprio da lui, Walter Lessini, “Il capitano” .

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