Terni 1909, elezioni tra brogli e proteste

Furono elezioni agitatissime le politiche del 1909 nel collegio di Terni, tra risse, accuse di brogli e ricorsi alla magistratura. Tre erano i candidati al seggio parlamentare: Francesco Faustini, repubblicano, fratello dell’ex sindaco di Terni, Vittorio; Alessandro Fabri,

che era stato sindaco di Terni e si presentava nello schieramento dei Costituzionali, ossia dei favorevoli al governo in carica (non a caso di chiamavano anche “Ministeriali”) e Pietro Farini per i socialisti. Si cominciò con le scaramucce prima del voto che era fissato per il 7 marzo, si continuò dopo, quando, non essendo stato eletto nessuno dei tre candidati, si ricorse al ballottaggio che si tenne il 14 marzo, tra Faustini e Fabri (che avevano avuto rispettivamente 1867 e 1485 voti su 4648 votanti). A livello nazionale fu raggiunto un accordo per cui i socialisti nel ballottaggio, se non avessero avuto un loro rappresentante avrebbero convogliato i loro voti sul candidati repubblicani. Ma a Terni non fu così. Il partito socialista ternano teneva molto alla propria autonomia e ad un’azione politica che l’aveva visto  “affermarsi vigorosamente nelle elezioni locali su un programma di difesa dei diritti del proletariato contro ogni forma di sfruttamento da parte di chiunque sia esercitata e contro ogni organizzazione d’interessi a scapito degli interessi della generalità dei cittadini”. Ai socialisti non andava molto a genio un candidato come Faustini che, sebbene repubblicano, era pur sempre un rappresentante dell’aristocrazia agraria ternana. Nemmeno l’intervento diretto di Bissolati riuscì a far loro cambiare idea, per cui i socialisti decisero di astenersi, e non partecipare al voto di ballottaggio da cui Farini, con 1098 voti, era stato escluso.
Faustini vinse, per un’incollatura avendo: 2348 voti contro i 2220 di Alessandro Fabri. Ma il bello venne alla fine dello scrutinio. Alla proclamazione dei risultati i sostenitori di Fabri presentarono al magistrato che presiedeva il collegio dei presidenti di seggi una protesta per il grande numero di schede annullate. Ma ma a porre un carico pesante sullo svolgimento delle elezioni e sulla loro regolarità parlando apertam,ente di brogli intervenne “La Turbina”, giornale dei socialisti ternani, il quale, premettendo di non avere prove affermò che “vi furono corruzioni sfacciate”. “Si dice – spiegava La Turbina – che nell’elezone del 7 operò la scheda girante in due sezioni di Terni e in quella di Stroncone; che a San Gemini anzichè completare il seggio , essendosi trovati solo due presenti, è stato rieletto un seggio completamente nuovo; che a Montefranco si è proceduto all’elezione con un’urna rotta che permetteva di manomettere le schede, che a Attigliano il sindaco teneva in tasca la chiave dell’urna e che una guardia comunale guardava gli elettori a scrivere, sostituendo alle shede dell’uno quelle dell’altro candidato, che a Ferentillo i socialisti sono stati obbligati a votare con la scheda aperta,e che la sera precedente alle elezioni ebbe luogo, per cagioni elettorali, una rissa a colpi di rivoltella e di coltello”. Ovviamente denunciate anche irregolarità “classiche” come quella della votazione di schede di elettori che non s’erano presentati al seggio, che  a Lugnano erano state scambiate alcune schede, che ad Amelia avevano votato anche coloro che erano emigrati in America e a Terni persone decedute.
I sospetti avanzati furono tanti e gravi. Francesco Faustini, comunque, restò in parlamento per tutta la legislatura.

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