L’arcivescovo di Spoleto schedato dai carabinieri

Ottobre 1949

Radossi
Monsignor Raffaele Radossi arcivescovo di Pola e di Spoleto

Che l’arcivescovo di Spoleto andasse seguito con un’attenzione tale da richiederne la schedatura da parte dei carabinieri era sembrato a tutti impossibile. Eppure una mattina della fine di settembre del 1949 un appuntato dei carabinieri si presentò al portone della curia spoletina: “Cerco monsignor Raffaele Radossi”, disse stentoreo. “Dica a noi – gli risposero – forse possiamo esserle utili noi”. “No no, niente affatto. Io devo prendere le impronte digitali del monsignore. Sono necessarie per fare la sua scheda”.
Monsignor Raffaele Radossi era diventato arcivescovo di Spoleto nel 1948, circa un anno prima. Un arcivescovado prestigioso in cui aveva avuto predecessori importanti, un paio dei quali erano successivamente diventati papa, come Urbano VIII e Pio IX. Insomma non era pretendere troppo credere di essere al di sopra di ogni sospetto.
Monsignor Radossi, ricevette l’appuntato, e glielo spiegò, La replica di di quelle disarmanti: la legge diceva che andavano schedati tutti i profughi istriani e siccome monsignore era stato vescovo di Pola e da lì era stato poi “trasferito” a Spoleto, a tutti gli effetti andava considerato un trasfuga dell’Istria e perciò…
Monsignor Radossi, la prese con religiosa pazienza e spiegò a sua volta che capiva la questione, però si rifiutava fermamente di accettare che le proprie impronte digitali dovessero accompagnare i documenti d’identità. La qual cosa, però, avveniva per tutti gli altri profughi giuliani che l’Italia accoglieva in quel periodo. Alla base c’era l’esigenza di distinguere i veri profughi, da quelli “fasulli”, gente spesso di malaffare cui andavano stretti i panni della federazione jugoslava.

bernardinetti
Marzio Bernardinetti

Tanto zelo non si sa quali ripercussioni ebbe per l’appuntato dei carabinieri. Quel che è sicuro è che la faccenda arrivò in parlamento con un’interrogazione al ministro dell’Interno, da parte di Marzio Bernardinetti, deputato democristiano eletto nel collegio Perugia-Terni-Rieti il quale alla domanda di conoscere se rispondeva al vero (ma su questo conosceva già la riposta) “la notizia relativa alla richiesta delle impronte digitali all’arcivescovo di Spoleto già arcivescovo di Pola, e se la richiesta stessa è stata effettuata nel palazzo episcopale da parte di un appuntato dei carabinieri” aggiungeva anche quella di conoscere “se nel fatto il Ministro dell’interno ravvisi inopportuna l’azione svolta, o, quanto mai, il metodo usato, trattandosi di un presule, che molto dignitosamente ha tutelato e difeso in zona istriana gli interessi e la dignità della Patria degli italiani”. Non è da escludere che l’appuntato sia stato mandato a rendersi conto di persona la situazione esistente su quei confini.

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