Fratta divenne Umbertide, Bastardo resta Bastardo

 

Gli abitanti di Bastardo, grossa frazione di Giano dell’Umbria, ci hanno provato in varie maniere a far sì che il nome della località in cui abitano venisse modificato: sono partiti dalle petizioni fino ad arrivare alla proposta di un referendum. Non c’è stato niente da fare. Non sono riusciti neppure ad ottenere che, almeno, si tornasse al nome originario di quella località che è stata per centinaia di anni “Osteria del Bastardo”. Un nome preso appunto da quella osteria, gestita evidentemente in origine da qualcuno di incerti natali (è da escludere che l’appellativo sia dovuto ai prezzi troppo alti praticati…), che aveva sede poco lontano dall’antica Flaminia e poi lungo il nuovo tracciato di questa, sulla strada che dai Monti Martani porta oggi verso Foligno.

La chiesa di Santa Barbara a Bastardo
La chiesa di Santa Barbara a Bastardo

Ci avessero pensato 150 anni prima, probabilmente quelli di Bastardo sarebbero stati accontentati. Non appena unificata l’Italia, infatti, nacquero alcuni problemi di “omonimia” tra centri anche poco distanti tra di loro. Basti solo pensare alla confusione per le Regie Poste quando si trovavano a dover recapitare una missiva, per esempio, a qualcuno che abitava a Fratta, in provincia di Perugia. Fratta è un nome che veniva dato alle località che avevano subito distruzioni: poteva essere per il passaggio di eserciti barbari o per qualche causa naturale. In Provincia di Perugia _ che allora comprendeva oltre all’intera Umbria attuale anche una buona parte della Sabina e di quella che oggi è la provincia di Rieti_ di Fratta ce n’erano due: una presso Todi, l’altra a nord di Perugia. E quest’ultima era, oltretutto, capoluogo di mandamento di uno dei sei circondari in cui il territorio provinciale perugino era diviso.

Umbertide in una vecchia cartolina
Umbertide in una vecchia cartolina

Senza contare che c’erano altre cittadine i cui nomi erano uguali ad altri luoghi diventati parte integrante del Regno d’Italia: Nocera, Massa, Monteleone, Giano, Cerreto, ecc.
Insomma: un regio decreto emesso il 29 marzo del 1863 autorizzava una lunga serie di Comuni della Provincia Umbra ad assumere un nuovo nome, che, nel frattempo, i consigli comunali avevano scelto.
Quello di Fratta “di Perugia”, come si diceva allora per distinguerla da quella di Todi, fu il caso più altisonante, dato che era la cittadina più importante, tra tante che volevano cambiar nome o era più pratico lo facessero: quel giorno nacque Umbertide. Nome scelto forse per piaggeria verso il principe ereditario Umberto (ci fu anche la proposta _ respinta _ di chiamarla tout court Umberta), ma lasciando il dubbio di un richiamo alla storia antica del luogo, secondo la quale la città distrutta dai Visigoti (Fracta, appunto, da cui Fratta) fu ricostruita nell’VIII secolo dai figli di Umberto Ranieri, o di Umberto figlio naturale di Ugo di Provenza il quale fu Re d’Italia nel X secolo.
Fratta di Perugia divenne quindi Umbertide, mentre Fratta di Todi assunse il nome ufficiale di Fratta Todina. Insieme ad esse Massa divenne Massa Martana e Monte Castello Montecastello Vibio.
Nel circondario di Terni Calvi mutò il suo nome in Calvi dell’Umbria; Lugnano e Penna aggiunsero entrambe “in Teverina”, e Porchiano divenne Porchiano del Monte.
Nel circondario di Foligno, Fossato aggiunse “di Vico” e Nocera diventò Nocera Umbra. I due Monteleone, quello di Orvieto e quello di Spoleto assunsero la specificazione che ancor oggi hanno per distinguersi l’uno dall’altro. In Valnerina, Vallo diventò Vallo di Nera, S.Anatolia Sant’Anatolia di Narco; a Cerreto fu aggiunto “di Spoleto”. Per restare nel circondario spoletino Campello aggiunse “sul Clitunno”, Giano diventò Giano dell’Umbria; Montesanto Montesanti Viezi; Castel S.Giovanni Castello San Giovanni di Spoleto, con buona pace di chi dovette riscrivere la targa che indicava l’ingresso al centro abitato.
Ben 18 furono le località che cambiarono nome nel circondario di Rieti, ma per la maggior parte si trattò solo di aggiungere la specificazione che indicava il loro stare in Sabina (Magliano Sabina, Torri in Sabina, Monteleone Sabino e via dicendo) o l’appartenenza al reatino (Morro Reatino, S.Elia Reatino).
Un’eccezione fu fatta per il paese di Canemorto il cui nome divenne da allora Orvinio.
Ecco perché poteva essere un’occasione per Bastardo. Ma c’è sempre il pericolo che qualcuno decidesse di aggiungere solo una specificazione al nome di sempre: “Bastardo Umbro”, forse, non sarebbe stato un granché.
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