Convento San Paolo, anatema sul Comune che chiede il dazio sull’olio

convento san paolo di galleto
Il Molino e il convento di San Paolo a Galleto

Il 29 luglio 1554 il comizio municipale di Terni dovette prendere atto che pretendendo che anche il convento di San Paolo pagasse i tributi comunali l’aveva fatta grossa. Sarà stato che anche allora si era pensato che non ci fosse l’esenzione dai tributi comunali per le attività delle chiese e dei conventi che non fossero strettamente legati all’esercizio religioso. E così, istituito nel mese di febbraio di quell’anno un dazio sull’olio prodotto  e venduto, si ritenne doveroso estendere la richiesta di pagamento anche al convento di San Paolo in Galleto, o meglio al molino della mensa che appunto vendeva l’olio prodotto in più rispetto alle esigenze del convento stesso.

Il vescovo, Gian Jacopo Barba, se la prese di brutto e ordinò al vicario Venanzo Cellini, canonico ravennate, di inviare una “letteraccia” al Munciipio di Terni, protestando e minacciando addirittura l’anatema se qualsiasi imposta o balzello venisse richiesto al suo Mulino posto dentro le mura del monastero di San Paolo. La celerità della risposta era anche allora scarsissima, tanto è vero che passarono più di cinque mesi prima che il Comizio affrontasse la questione. Certo, l’anatema era l’anatema. Bisogna evitarlo. Chissà, fu detto, forse abbiamo davvero sbagliato ad insistere perché pure il mulino del vescovo pagasse il dazio. E allora, di fronte ad una minaccia così seria, si decise per una rapida marcia indietro e che no, il dazio quel mulino interno al monastero di San Paolo non doveva pagarlo. Ovviamente la decisione fu segnalata al vescovo accompagnata da un “umile ricorso” per ottenere l’assoluzione dall’anatema minacciato.

Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione

di memorie storiche tratte

dai protocolli delle antiche riformanze

della città di Terni dal 1387 al 1816″.

Ristampa a cura di Ermanno Ciocca.

Terni 1977, Ed. Thyrus.

/ 5
Grazie per aver votato!