Dicembre 1521: Terni mette a ferro e fuoco Collescipoli, è di nuovo guerra

Papa Leone X

Deceduto per un colpo apoplettico Leone X, fu il Sacro Collegio ad intervenire, nonostante fosse già riunito in conclave. Quello che era successo in quei primi giorni di dicembre  del 1521 era troppo grave per rimandare. Cosicché il 7 dicembre 1521, fu dalla sede del conclave che partì la lettera di grave rimprovero alle autorità municipali ternane cui si intimava di desistere da “ogni turbolenza” minacciando in caso contrario l’anatema.

Pochi giorni prima, il 3 dicembre, era ripresa la guerra di Terni contro Collescipoli. Anzi il ricorso alle armi era avvenuto proprio non appena a Terni arrivò la notizia dell’improvviso decesso di Leone X, colui che era intervenuto d’autorità  per imporre la pace tra il Municipio più importante del circondario, Terni cioè, e quelli che confinavano con il suo territorio ed erano considerati sotto la sua dominazione. In special modo era acerrima la rivalità con Collescipoli, ai cui abitanti non erano mai risparmiati balzelli d’ogni genere. A più riprese era atavica la lite tra Terni e Collescipoli e sovente il ricorso alle armi.

La pace era stata stabilità giusto nel gennaio di quello stesso 1521 su imposizione di Leone X, ma per  i ternani quelli di Collescipoli rimanevano persone di cui non era possibile fidarsi. Fattostà che armatisi e fidando sul fatto che il Papa che consideravano quasi un difensore dei loro nemici,  si recarono a Collescipoli dove accusarono gli abitanti e le autorità di non aver tenuto fede ai trattati. Intimaromno perciò di rimettersi in riga. In caso contrario li avrebbero obblgati loro con le armi. La risposta fu valutata come ingiuriosa  ed insultante e comunque tale da giustificare l’immediato passaggio alle vie di fatto. Più che una guerra fu una spedizione punitiva che durò per più di due giorni durante i quali gli armati di Terni si abbandonarono a devastazioni, abbattendo e bruciando gli alberi da frutto nei campi, incendiando  ed  uccidendo.

Il Sacro Collegio non poteva non intervenire e nelle pieghe delle riunioni dedicate all’elezione del nuovo papa spedì subito una lettera di censura e pochi giorni dopo, alla lettera fece seguito l’invio di un commissario apostolico, Monsignor  Bernardino Girardi di Fano, cui erano stati conferiti tutti i poteri necessari a far cessare gli scontri, perché nel frattempo, i collescipolani si erano organizzati e erano pronti a reagire a nuovi attacchi.

Il commissario apostolico convocò i rappresentanti delle due cittadinanze e cercò di comporre il litigio, imponendo una tregua e stabilendo pene pesanti per chi l’avesse infranta. Ma Terni non demordeva ed era decisa a far valere le proprie ragioni non badando a spese, nel senso letterale del termine.

Il 15 dicembre, infatti, il Magistrato di Terni (il podestà), convocò d’urgenza la riunione del consiglio cittadino  perché si decidesse come comportarsi. Il consiglio nominò  un commissione di “abili cittadini” che incaricò di trattare col Commissario apostolico sostenendo le ragioni di Terni non risparmiando sulle spese necessarie per ottenere il riconoscimento delle tesi che si sostenevano nell’accusare i collescipolani, al punto che fu posta nelle disponibilità della commissione qualunque proprietà del Comune di Terni  allo scopo di venderla per ottenere i soldi necessari a sostenere la causa.

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