I Priori di Terni approvarono la richiesta avanzata da Giovan Giacomo Castelli, il quale intendeva rimettere in funzione un piccolo lanificio che egli stesso aveva impiantato parecchi anni prima a non molta distanza dal blocco delle abitazioni della famiglia e in prossimità di un arco detto “de’ quattro piedi”. Il lanificio era stato in funzione per diversi anni, ma poi era stato chiuso e lasciato inutilzzato.
I Castelli erano proprietari proprio lì, vicino all’arco, di un mulino da olio e avevano deciso di avviare un’attività con stiratura di panni lani con annessa una valchiera: una struttura artigianale per la lavorazione della lana, in sostanza. Dopo qualche anno sia lo stiratore che la valca, “furono abbandonati dal fabbricatore non trovandovi forse il suo interesse”. Fino a quando l’interesse s’era improvvisamente ravvivato, ragion per cui Giovan Giacomo Castelli chiedeva al governno cittadino il permesso per rimettere in funzione il tutto.
Un permesso che i priori gli accordarono, ma ad una condizione: che il Castelli pagasse un canone annuo di due capponi alla mensa priorale, il giovedì grasso di ogni Carnevale.
Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione di memorie storiche
tratte dai protocolli delle antiche riformanze
della città di Terni dal 1387 al 1816″.
Ristampa a cura di Ermanno Ciocca. Terni 1977, Ed. Thyrus.