Enrico Lattes, architetto ritrovato

Enrico Lattes
Il piano regolatore di Terni di Lattes e Staderini (part.)

Danilo Pirro col suo libro “Enrico Lattes, l’architetto ritrovato” lancia una provocazione ponendo un dubbio: la concezione urbanistica secondo cui s’è sviluppata Terni quanto e come è stata influenzata dalle idee di Mario Ridolfi? O trova invece il seme nelle azioni di altri? E’ un’esortazione a rivisitare il tema, a discuterne in termini scientifici. Intanto: perché Enrico Lattes è “l’architetto ritrovato”?  Pirro lamenta, implicitamente, un misconoscimento dell’opera di quel giovane di talento, scomparso repentinamente a trent’anni a causa di un incidente stradale. Quale segno ha lasciato Lattes su Terni?

Il libro di Pirro ripercorre la storia per certi aspetti controversa e con qualche mistero della famiglia ebrea dei Lattes e, soprattutto, l’esperienza di Enrico: dai successi ottenuti coi suoi progetti dell’oltremare, nelle colonie italiane, al momento in cui nel gruppo con gli architetti Staderini e Bravetti vince il concorso nazionale per un nuovo piano regolatore di Terni. Siamo agli inizi degli anni Trenta del ‘900. Terni vuole assumere il volto di una città moderna: ne avanza il diritto, dopo una crescita turbinosa e disordinata; ne ha le possibilità anche economiche dopo il nuovo accordo tra la municipalità e la società “Terni” per il rinnovo della concessione dell’utilizzo delle acque, la forza motrice dell’epoca. La “Terni” viene “convinta” a sopportare una concessione più onerosa e a intervenire con la realizzazione di alloggi e servizi. Una città moderna, da poco diventata capoluogo di Provincia e se non altro già solo per questo bisognosa di strutture adeguate per gli uffici pubblici che dovrà ospitare: dalla Prefettura alla sede della Provincia, dalla Questura alla Camera di Commercio, alla Banca d’Italia.

Almo Pianetti, il podestà, lancia quindi il concorso nazionale. E già in quel momento l’amministrazione comunale pone una serie di punti fermi, fissa alcune linee guida, considera essenziale la soluzione di questioni cui i progetti dovranno rispondere. Terni vuole, innanzitutto, un piano regolatore vero, che vada ben oltre gli strumenti edilizi che susseguitisi in quei pochi decenni e consistenti soprattutto in piani di demolizione o in interventi del tutto parziali. Vuole che non esistano più quartieri degradati, malsani, igienicamente carenti, sovraffollati a causa dell’inurbamento veloce e l’immigrazione a valanga. Vuole che la città non sia più traversata dal traffico della strada Flaminia, e sia riorganizzata per ciò che riguarda il traffico al suo interno. Individua in piazza Tacito il luogo intorno al quale si concentrano le sedi provinciali.

Il progetto Lattes–Staderini–Bravetti vince il concorso anche perché risponde alle questioni poste nel bando: il traffico della Flaminia viene spostato su una nuova grande strada, corso Littorio poi divenuto corso del Popolo, arricchito da costruzioni di pregio tra le quali Palazzo Spada di cui, però, di valorizza la facciata posteriore. Individua, nel centro, due assi principali per la mobilità: CorsoTacito–Viale della Stazione, e via Carrara–piazza San Francesco.

Il piano Lattes prevede, inoltre, la realizzazione di villaggi operai, concepiti come centri abitati a sé stanti con un intervento che rientra nella tipologia che il fascismo applica nelle “Città nuove” dell’Agro Pontino. Littoria, nella sostanza, nasce come centro direzionale, sede di servizi, uffici pubblici, sportelli bancari, del mercato, degli enti che operano sul territorio, della cattedrale, dell’ospedale. E tutto intorno una pluralità di borghi rurali: ognuno col suo spaccio, una chiesa, un ufficio postale, un presidio dei carabinieri, un ambulatorio. Miniature di città che permettono il contatto costante e diretto con i campi, che perpetuano la “ruralità”.

A Terni la faccenda è diversa, ma pur sempre aderente a questa concezione. E nei villaggi operai, vicino all’abitazione c’è lo spazio per l’orto. E’ una scelta che ha l’effetto di concentrare in alcuni luoghi gli operai. Per facilità di controllo? O per evitare lo sradicamento dalla cultura rurale, una sorta d’anticipazione del concetto di metalmezzadro?

Lattes muore mentre sono in fase di elaborazione i progetti di attuazione. E’ un compito che porta avanti il solo Staderini. Poi la guerra, le distruzioni. Ed arrivano Ridolfi e Frankl. Corso del Popolo invece che una sequenza di palazzi squadrati e di marmi è reinterpretato in un modo che lo fa diventare una delle strade più apprezzate  e frequentate dagli studiosi di architettura; il sistema delle piazze del centro viene rivisitato; le periferie diventano più vivibili, più legate al resto della città di cui diventano parte, apprezzate anch’esse da tecnici ed architetti di grande rinomanza. L’opera di Ridolfi (e Frankl) “segna” profondamente Terni, la fa diventare così com’è.

 

Danilo S. Pirro, “Enrico Lattes, l’architetto ritrovato”. Gangemi Editore. Pp.159 s.p.

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