Il papa esilia a Montefalco il cardinale dalle idee troppo liberali

 

Montefalco, panorama Montefalco, panorama

30 ottobre 1896

La sua colpa? Fu quella di aver fatto un brindisi alla salute di Francesco Crispi, primo ministro del Regno d’Italia, già per questo non visti di buon occhio in Vaticano, per per di più si trattava di uno che era stato accusato di bigamia. Era il massimo dello scandalo se ad elevare il calice alla salute di Crispi era un cardinale. Il papa, Leone XIII, intervenne subito e lo mandò a chiamare. Il porporato in questione era Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, tedesco, a suio tempo rampollo di un’antica, prestigiosa e ricca famiglia, fratello del cancelliere dell’impero germanico,  Chlodwig zu Hohenlohe-Schillingsfürst, e principe della chiesa.

Il cardinale,  sembra fosse frequentatore di alcuni “salotti” dell’epoca. E il calice lo alzò in casa De Blanc in occasione di un banchetto in onore del direttore del Times, in visita a Roma, Un augurio all’amico Francesco Crispi, il quale in quel periodo aveva qualche problema, tanto che il suo governo cadde proprio in quei giorni di marzo del 1896.

cardinale
il cardinale Hohenlohe

Leone XIII lo fece convocare: “Caro Hohenlohe – gli disse – il cardinale Marzolini possiede una villeggiatura a Montefalco, lontano dai chiassi della capitale. Le consigliamo di andare colà a passare qualche giorno”. Il cardinale Hohenlohe, che di solito risiedeva a Villa d’Este, cercò di far notare che lui era pur sempre un principe della chiesa, e quella specie di esilio, forse non era opportuno. Il papa gli spiegò: “Certo – ribatté- però vostra eminenza sa che noi i cardinali li facciamo, ma possiamo anche dichiararli decaduti”.

Più chiaro di così? Hohenlohe fece i bagagli e passò una mesata a Montefalco, nel silenzio della campagna umbra, a contatto con la natura, e per di più in primavera. Ebbe in sostanza a disposizione tutte le prerogative migliori per dimenticare i “chiassi della capitale”. Un bel posto, ma lui non se ne innamorò. Quando fu ora di rientrare a Roma lo fece molto volentieri, seppure senza gioia. Non fece nemmeno in tempo a riabituarsi ai fasti di Villa d’Este. Malato di cuore, se ne andò sei mesi dopo, il 30 ottobre; aveva 73 anni. Chi gli era vicino sostenne che la malattia fu resa più grave da quella che lui considerò l’ultima di una serie di discriminazioni e ripicche a causa delle sue idee liberaleggianti. “Hohenlohe?-diceva di lui Pio IX-Lasciatelo stare nella sua Tivoli: egli di buono non ha che le tre acca del suo nome”.

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