Fellini in tram alla Cascata delle Marmore

“L’intervista”, il film in cui Federico Fellini racconta sé stesso ed un pezzo della propria vita, comincia con un viaggio immaginario e fantastico del regista, su un tram con cui, per la prima volta, si reca a Cinecittà. Dal finestrino si vedono le meraviglie del mondo. Una di queste è la Cascata delle Marmore, che il regista, interpretato da un giovanissimo Sergio Rubini, guarda sorpreso e ammirato. Gli spruzzi imperlano il vetro. Il tram che passa davanti alla Cascata della Marmore, un pezzo della storia storia di Terni.
Il tram, che collegava la città con la Valnerina e arrivava fino a Ferentillo. Quella linea fu inaugurata il 5 settembre 1909, 105 anni fa. E’ restata in esercizio per 51 anni. Il tram a Terni, fu soppresso con un atto del governo Tambroni, datato 3 aprile 1960. La Società Tramvie Elettriche di Terni, v’era scritto, «è autorizzata ad integralmente sostituire con corse automobilistiche il servizio tranviario viaggiatori e quello merci ed a procedere allo smantellamento degli impianti». Un mese dopo le corse viaggiatori furono sospese. Quelle per le merci durarono solo qualche settimana in più.
Finiva una storia cominciata sessant’anni prima, il 14 novembre 1899, quando nacque la Società Tramvie Elettriche Terni (Stet, che anni dopo divenne Sotret), con un capitale di 4 milioni e ottocentomila lire, diviso tra la “Società per lo Sviluppo delle imprese elettriche in Italia”, con sede a Milano, e la Società Carburo di Calcio che ben presto ne rimase unica proprietaria. La Carburo aveva, sì, sede legale a Roma, ma suoi erano lo stabilimento e la centrale elettrica di Collestatte Piano, di fronte alla Cascata delle Marmore. La Carburo di Calcio aveva l’esigenza di rendere più veloce lo spostamento delle merci dallo scalo ferroviario di Terni fino alla fabbrica e viceversa. Si sfruttò l’occasione, “cavalcando” i programmi e le aspettative di chi chiedeva di intensificare i collegamenti ferroviari trasversali nel Centro Italia. E la concessione fu, in poco tempo, cosa fatta, e rapidamente la Provincia di Perugia (il cui territorio comprendeva, come noto, l’intera Umbria ed il reatino) rilasciò alla Stet il permesso di costruire, utilizzando una parte di carreggiata della provinciale della Valnerina, la strada ferrata che da Terni, avrebbe dovuto raggiungere Ferentillo, e, poi, proseguire verso Norcia e quindi verso le Marche.

Fellini
Una sequenza de “L’Intervista”, il film di Fellini

Non si andò mai oltre Ferentillo, però, ed anzi si dovette aspettare una decina di anni perché i binari arrivassero fin lì. Proprio perché la Carburo di Calcio era, per parte sua, interessata principalmente al collegamento tra la fabbrica di Collestatte Piano e la stazione ferroviaria di Terni. Per il resto si mostrò quindi noncurante e le cose andarono un po’ più per le lunghe. La concessione assegnava alla Stet la gestione di due tratte tranviarie: l’urbana, da Piazza Vittorio Emanuele (oggi piazza della Repubblica) fino alla stazione FS, passando per Corso Tacito e Piazza Tacito e da qui fino alla barriera Valnerina (oggi piazza Buozzi); l’extraurbana, da Terni fino a Ferentillo.
Certo, l’investimento iniziale sarebbe stato oneroso, visto che c’erano da costruire i binari ed acquistare il materiale rotabile. Ma i vantaggi erano sicuramente considerevoli. L’energia elettrica che avrebbe fatto marciare i tram era prodotta dalla stessa Carburo di calcio, la quale poteva cogliere oltretutto alcune occasioni in aggiunta ad una rapida movimentazione delle merci. Poteva, per esempio, distribuire (e vendere) elettricità per l’illuminazione nei centri della Valnerina; poteva approntare un servizio viaggiatori la cui affluenza minima era garantita dagli operai che raggiungevano il posto di lavoro; ed, infine, gestire una linea di trasporto utilizzabile anche da altre industrie, prima fra tutte l’acciaieria.
Tutte opportunità che, naturalmente, non ci si lasciò sfuggire.
C’era pure un altro vantaggio: niente gas di scarico ad ammorbare l’aria di uno dei “pezzi pregiati” dell’ambiente umbro; ma chi allora, quell’ambiente, stava aggredendolo e squassandolo, nemmeno le prese in considerazione. Né il problema fu sfiorato negli anni Sessanta, quando la tramvia fu divelta per lasciare spazio a quegli autobus azzurri che sbuffavano fumo nero dagli scappamenti.
La Carburo di calcio, nel 1922, fu fagocitata dalle acciaierie, con tutte le attività pertinenti: gli stabilimenti elettrochimici di Papigno e Nera Montoro, la produzione idroelettrica, le miniere, e, ovviamente, la tramvia. Nel 1960 la Sotret, di cui la Terni era proprietaria, aveva un “buco” di 160 milioni di lire; 119 dipendenti; ed un deposito che occupava un’area che si intendeva utilizzare per altri scopi; era stato infatti siglato l’accordo con l’US Steel e lì si sarebbero costruiti i capannoni della Terninoss.
Meglio, allora, vendere tutto alla Saum (Società automobilistica umbro-marchigiana). «Loro sono pratici», disse il ministro dei trasporti rispondendo ad una interrogazione del deputato umbro Luigi Anderlini. E largo agli autobus e ai loro tubi di scappamento.
Del tram a Terni sono rimasti i ricordi dei più anziani, diversi libri, un pacco di foto d’epoca, una ventina di metri di binario in viale Brin, le vecchie stazioni di Papigno e Arrone-Montefranco, qualche cimelio del materiale rotabile.
E, cosa non da poco, le immagini poetiche di Federico Fellini (Video—>).

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