Il paese ai Piedi del monte Luco

Da studioso rigoroso e appassionato Walter Mazzilli, autore di numerosi testi di storia locale, ha scavato negli Ai Piedi di monte Lucoarchivi e nelle biblioteche, ha raccolto testimonianze, racconti, leggende; ha guardato da vicino “segni” del tempo come chiese, quadri, sculture, stemmi, rovine. Così facendo ha prodotto articoli e libri sul lago e la cascata delle Marmore, sulla bonifica, su chiese dimenticate, su usi e costumi… Finché ha deciso di fare una sintesi, di legare esperienze e conoscenze acquisite e sviluppate negli anni in uno strumento di non complicata agibilità che riuscisse a dar conto della storia di Piediluco, attraverso la valorizzazione di alcuni episodi esemplari.
“Ai Piedi di monte Luco” ripercorre nei tratti salienti la storia di quell’area inondata dal lago Velino. Un’area che trova il proprio limite nel burrone che separa la piana reatina dalla valle del Nera, abitata già nella protostoria. Utilizzando le informazioni fornite da ritrovamenti archeologici susseguitisi nei decenni– il più importante è quello del “Tesoretto di Piediluco”costituito da numerosi reperti di bronzo – gli studi di ricercatori ed esperti, storie e leggende tramandate per secoli, Mazzilli ricostruisce l’ambiente del lago Velino e alcune delle vicissitudini degli abitanti delle sue sponde per poi passsare rapidamente alle dominazioni medievali esercitate in successione da diverse famiglie, ricordando personaggi come Blasco Fernandez da Belvis, stretto parente dell’Albornoz. Basta la parola Albornoz e l’immaginazione va ad una rocca, un castello. E’ quello che dalla cima del Monte del Luco campeggia sul paese. Rovine, pietre tra le quali Walter Mazzilli si è aggirato più volte, toccandole una ad una, fotografandole perché ne rimanessero almeno le immagini, anche se poi – in prima persona – si è battuto perché ci fosse un intervento di conservazione che in effetti c’è stato.
Dal Medioevo al Rinascimento, il dominio dei papi, e i progetti, i lavori, i canali scavati per bonificare quella vasta pianura che il Velino impaludava. Progetti e lavori avviati in epoca Romana e proseguiti fino al XVII secolo, che hanno determinato un notevole cambiamento geo-morfologico producendo la Cascata delle Marmore e il lago di Piediluco oggi, con Ventina, testimonianza “fossile” dell’antico specchio d’acqua.
Non manca, nel libro, l’omaggio più prezioso e, per Mazzilli, più personale costituito dalla “microtoponomastica lacustre”: il nome di ogni braccio, spiaggetta, anfratto o approdo rimanda ad un personaggio, ad un fatto, ad una particolarità bio–morfologica. Tanti piccoli pezzi di una storia più grande e complessa, che si sommano alle manifestazioni della cultura popolare, patrimonio della gente del Luco ai piedi del Monte: le giostre, le feste, le usanze, le devozioni. E, a concludere il libro, i riferimenti ai tempi più vicini all’oggi: una sottolineatura risorgimentale col racconto della vita di un caduto di Mentana; la striscia buia del fascismo e un excursus sui dati demografici, una specie di “quanti eravamo”, che comincia dal 1600 per concludersi con la fine dello scorso millennio, quando ormai da tempo si assisteva, scrive Mazzilli, “ad un costante decremento del numero dei residenti”. Ma “Molte famiglie che si sono trasferite a Terni o in altre città – aggiunge – hanno conservato la residenza nel paese d’origine, per tornare nella casa avita durante la stagione estiva”.
Perché piedilucani non si diventa, ma lo si resta per sempre se piedilucani si nasce. E Walter Mazzilli lo nacque.

 Walter Mazzilli, “Ai Piedi di monte Luco”. 
Ed. a cura di COIM Terni,aprile 2015, pagg.95, s.p..

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