Il terremoto del 1703: il terrore, i danni, l’emergenza e le penitenze a Terni

Santa KLucia terremoto 1703
La chiesa di Santa Lucia

Il terremoto del 1703 fu violentissimo. Anche quello ebbe il suo epicentro nell’area dei Monti Sibillini, tra Lazio, Umbria e Marche. Norcia fu distrutta, Gravissimi i danni a Cascia, Montereale, Amatrice, Leonessa, L’Aquila, Spoleto e Terni.

Era la notte del 14 gennaio, verso l’una Terni fu sconvolta da una scossa che “durò lo spazio di tempo che s’impiega a recitare il credo”. Lo spavento fu terribile, gli abitanti del centro città scapparono nei campi o si radunarono in mezzo alle piazze. Le case restarono abbandonate per lungo tempo ed il Comune dovette adeguarsi. Intanto la sede del consiglio abituale, il palazzo dei Priori, non era sicuro e quindi le riunioni si tenevano nel rione Castello, presso la casa Mazzitelli.

C’era da affrontare urgentemente la questione della sicurezza. Per ciascun rione si elessero due caporioni che avevano alle loro dipendenze 32 uomini armati per effettuare il servizio di vigilanza e pattugliamento giorno e notte ad evitare scorrerie di ladri che approfittavano nel trovare le abitazioni deserte. Guardie armate furono poste al ponti sul fiume Nera e tutti, impauriti, partecipavano ai gruppi di preghiera per scongiurare in qualche modo il pericolo invocando l’aiuto divino. Si chiese ai podestà di Collestatte e Torre Orsina di tener chiusi i ponti sul Nera e alla famiglia Castelli di fare la stessa cosa col ponte di Valle,

Fu chiamato “Terremoto di Norcia” quell’evento del 1703. Che fu così potente da procurare danni anche a Roma. Anche lì le case furono abbandonate in fretta e furia. Il papa Clemente XI ordinò che i cardinali ed il popolo romano si riunissero in San Pietro per partecipare ad una messa da lui stesso officiata.

Ma le scosse continuarono per parecchio tempo. Mesi.

Intanto si cercava di quantificare i danni. Il commissario pontificio inviato a Norcia, il centro più colpito, comunicava al papa che Norcia ormai era solo un nome. Ancora alla fine di febbraio le scosse si ripetettero con inaudita violenza.

A Terni, il consiglio generale, cercava di fare il suo. Stabilì così di celebrare ogni anno con solennità la festa di San Francesco Borgia, che si voleva come protettore speciale, nella chiesa di Santa Lucia retta dai Gesuiti. Una messa solenne cui avrebbe partecipato il Magistrato (il sindaco) il quale avrebbe donato per oblazione sei libbre di cera lavorata Nello stesso tempo si rinnovava il voto, già fatto nel periodo della peste il secolo prima, di far recare i priori in pellegrinaggio a piedi alla chiesa di Santa Maria delle Grazie ogni anno nel giorno della festa dell’Immacolata, e con loro sarebbero andati in processione il popolo e i consoli delle arti. Per l’intanto la processione di penitenza si chiese si tenesse nel giorno della celebrazione di San Valentino con la partecipazione del clero, del magistrato, del governatore pontificio e del popolo tutto.

Le scosse, però, pare continuassero fino al mese di agosto, quando il consiglio cittadino si riuni nella piazza del rione Castello davani alla casa Mazzitelli. Il palazzo dei Priori era pericolante, così come il palazzo del governatore pontificio, per il quale si approntò una baracca di legno..

Molte case a Terni crollarono per il ripetersi delle scosse sismiche. Relazioni mediche parlavano di epidemie di scabbia, vaiolo, e di morti repentine per crisi apoplettiche.

Fonte: Elia Rossi Passavanti, “Terni nell’età moderna”, ristampa anastatica a cura di Vincenzo Pirro, Lit. Stella Terni 2002

Lodovico Silvestri, “Antiche Riformanze della città di Terni”, a cura di Ermanno Ciocca. Ed Thyrus.

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