E alle maestranze, l’esponente del partito fascista, spiegò i motivi per cui quella che si stava combattendo era “la vera guerra del popolo italiano”: perché – disse – era una guerra dei “popoli poveri contro i popoli troppo ricchi” e perché “dopo la vittoria non vi dovranno essere più emigranti che col lavoro arricchiscono le altre nazioni dissanguando la Madrepatria”. I lavoratori italiani – sempre dopo la vittoria – avrebbero potuto “sfruttare le ricchezze di un impero nostro”.
Poi visita in campagna: a San Gemini per la trebbiatura del grano, ad Acquasparta per un incontro con gli istruttori al campo federale della GIL. Quindi di nuovo a Terni per tenere a rapporto le gerarchie federali. Un rapporto conclusosi col “canto degli inni della Rivoluzione fra rinnovate manifestazioni di fede all’indirizzo del Duce”.