L’ospedale di corso del Popolo: l’importante era non farsi ricoverare al “deposito”

L’Ospedale di corso del Popolo a Terni
mANNI

di LORENZO MANNI

L’ospedale nel convento/caserma di Corso del Popolo, fino agli anni 70 era veramente in condizioni non certo adeguate per il ruolo che doveva svolgere. Si entrava facendo alcuni scalini e spesso, nell’ora di visita, i familiari si accalcavano davanti all’ingresso prima dell’apertura del portone. C’era un portiere, molto severo ed energico che faceva rispettare l’orario ai più mentre permetteva l’ingresso ai familiari ed alle “assistenze ” che già da allora erano “a pagamento” e comunque gli assistenti dovevano essere provvisti di autorizzazione.

Il portiere era un accanito fumatore e percorrendo l’atrio si sentiva subito l’odore, per me nauseante, delle sigarette. Una volta usciti fuori dall’atrio c’era un piazzale con al centro una vasca con i pesciolini rossi, alberi ombreggianti insieme ad alcune panchine. I reparti, per la maggior parte, erano situati, su più piani, sulla destra, mentre sulla sinistra, al piano terra vi era il grande stanzone della lungodegenza che i più chiamavano “deposito”.

Oltre il deposito c’era la “camera mortuaria ” ( l’obitorio così veniva chiamato) in una collocazione che stava quasi ad indicare una triste continuità. I ricoverati nei reparti erano ospitati in stanze con dentro 6 o 8 lettini . Nella parte centrale, al primo piano, se non ricordo male, c’erano le sale operatorie ed anche le “camerette” riservate a coloro che si potevano permettere di pagare un extra. Le camerette erano infatti “a pagamento” e garantivano la privacy del ricoverato ed una maggiore comodità per le assistenze.

Il laboratorio analisi era distaccato, in fondo al piazzale, sulla sinistra ed allestito in un prefabbricato. Oltre agli infermieri ed agli “inservienti” vi prestavano servizio le monache, quelle con il grande copricapo, le quali erano addette alla cucina ed alla distribuzione dei pasti. Insieme agli inservienti percorrevano i corridoi spingendo il carrello con sopra il pentolone del vitto fermandosi sulla porta della stanza per la distribuzione. Il latte ed il caffè venivano distribuiti con grandi bricchi in alluminio.
I giornali e riviste si potevano acquistare dal giornalaio che passava anche lui con il carrello lungo i corridoi. Non mancava un barbiere autorizzato che offriva i suoi servizi ai malati e non solo.
Il Cappellano faceva visita tutte le sere, spesso era accompagnato da una suora che donava una medaglietta della Madonna con un cordoncino; la legava al polso del malato nel primo giorno di ricovero.
Queste atmosfere , con tutti i personaggi di quel periodo sono riportati in una interessante pubblicazione di Daniela Ghione e Emanuela Raffinelli “Dalla saggezza pratica alla scienza della salute”.


Insomma , nonostante la presenza di personale professionalmente valido , le condizioni ambientali non erano certamente ottimali. Il nuovo ospedale , quello sul Colle Obito ( nome della località non certamente rassicurante ) ha avuto un ” travaglio ” molto lungo, a partire dagli anni 60, e solo verso la metà degli 70 vi furono trasferiti alcuni reparti. Erano gli anni della Ternana in serie A ed i ternani erano molto interessati alle modifiche dello stadio ” Liberati ” , conoscevano programmi di realizzazione , ditte appaltatrici , qualità del tondino per cs , ma non avevano la stessa sensibilità per sollecitare il completamento del nosocomio cittadino.
Richiamo un momento l’attenzione sul portiere del vecchio ospedale. Lo conoscevo solo di vista per la mansione che aveva svolto in precedenza, lo incontrai nel nuovo ospedale in occasione di una visita ad un famigliare , era ricoverato , molto dimagrito ed anche confuso. Percorreva tossendo il corridoio , quando gli passai vicino mi chiese una sigaretta. Io non fumavo e glielo dissi. Mi guardò sconsolato e quasi piangente mi disse che non ci credeva e che, come tutti, ero cattivo con lui (usò in aggiunta anche un altro termine) perché gli veniva negata una sigaretta.Al momento ebbi anche un pensiero negativo verso il ” tabagista” che eliminando una sigaretta non valutava le conseguenze per la sua già compromessa salute, poi ripensandoci forse avergli permesso una sigaretta sicuramente gli avrebbe accorciato la vita ed aumentate le sofferenze, però forse alcune “tirate” gli avrebbero reso gli ultimi giorni meno pesanti. Chissà.

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Una risposta a “L’ospedale di corso del Popolo: l’importante era non farsi ricoverare al “deposito””

  1. La sala operatoria era al 2 piano dopo una lunga scalinata come su una torre.
    Appena entrati a destra vi era l isolamento e il PS.
    A piano terra a sinistra,dove prima c era la stalla dei cavalli la so dell otorino,stanza enorme con in fondo una sedia che poteva sembrare quella di un barbiere.
    Poi dal 1 giardino passato un arco in fondo a destra c era l obitorio.
    Al 1 piano a destra c era la degenza chirurgica con 10 letti, normalmente, in urgenza anche 15, 18 letti,a destra verso il fondo del corridoio c era l ala delle camerette a pagamento e all inizio la stanza anzi lo stanzino delle infermiere.
    All atrio dell entrata del reparto a destra c era il reparto di urologia.
    La medicina e la lunga degenza era al piano terra.
    Le suore erano le caposala del reparto.

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