Luglio, tempo di trebbiatura: fatica, sudore e alla fine tutti a tavola

TERNI MIA

di LORENZO MANNI

di LORENZO MANNI

La foto della trebbiatura mi ricorda alcuni momenti della mia fanciullezza (in vecchiaia si dice che si ricordino meglio le vicende di molti anni indietro e si dimentichino quelli recenti…).

Nella stagione della trebbiatura mio padre andava ad aiutare i suoi parenti, che erano mezzadri in un casale nella zona di Pantano (chiamata ”Li piani” ), e mi portava con lui, essendo estate e quindi libero dagli impegni scolastici. A me, ed a altri ragazzini, assegnavano il compito di offrire da bere ai trebbiatori raccomandandoci sempre di fare attenzione alle cinghie che dal motore del trattore davano il movimento ai meccanismi della trebbia. Il bere che si portava non era vino per vari motivi… le giornate erano molto calde.. e la fatica con la pericolosità delle operazioni sconsigliavano l’uso del vino in questa fase. Si portava acqua fresca del pozzo con l’aggiunta di un po’ di aceto che dava ristoro ai lavoratori.

Un ricordo particolare va ad un personaggio del gruppo dei trebbiatori di “professione“, che chiamavano Rondello, il quale era sempre addetto alla “bocchetta della cama”. La cama era la pula ed essendo questa molto leggera si alzava nell’ambiente e ricopriva in maniera esagerata il suo viso mescolandosi con il sudore.

Le altre operazioni erano più faticose ma meno disagiate. I trebbiatori portavano fazzoletti al collo per asciugarsi il sudore e per ricoprirsi dalla polvere. Un cappello di paglia copriva la testa; chi non aveva il cappello, adattava un fazzoletto facendogli un nodo ad ogni angolo e così realizzava il copricapo. Poi , finita la trebbiatura, con il rituale dell’apposizione dell’ urinale (fuori servizio) sopra allo stollo del pagliaio, tutti si sedevano alle lunghe tavolate per celebrare il pranzo della mietitura.

Una tavolata era a parte. Era riservata ai lavoratori effettivi, quelli che accompagnavano la trebbia, insieme al proprietario che aveva come soprannome “Lu Scoatu“. A questa tavolata si diceva portassero le parti prelibate dell’arrosto preparato al forno. Il pranzo consisteva in ciriole con il sugo, arrosti vari con l’immancabile papera , insalata e biscotto, anch’esso cotto al forno. Qui la comitiva si rifaceva della mancanza del vino “sofferta” prima,. I bottiglioni venivano continuamente riempiti e portati dalla cantina alla tavola sempre da noi ragazzi, al comando delle donne che gestivano tutte le fasi della cucina e del pranzo. Poi tutti a riposarsi sotto le ombre degli olmi che a me sembravano giganteschi . Chi si appisolava… chi continuava a bere…chi cantava stornelli di sfottimento. Molti di questi stornelli erano rivolti a Rondello…personaggio davvero strano e diverso ..

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