Marmore ricorda “Pacchio”, maestro di vita e di antifascismo

Ricciardo Conti, “Pacchio

E’ scomparso ormai da qualche anno “Pacchio”, ma a Marmore vogliono ricordarlo perché il 30 gennaio è il giorno del suo compleanno. Fosse stato in vita avrebbe compiuto 99 anni essendo nato nel 1921. Non è nemmeno il centenario, “ma non serve un’occasione tanto particolare per ricordare un personaggio come lui – spiega Sandro Piccinini, “storico” segretario del circolo Pd di Marmore – per noi è stato un esempio, uno sprone, una guida”.

Hanno fatto un volantino quelli del Pd di Marmore e  “parlano” con lui con Pacchio. Non c’è nemmeno il nome e cognome, a Marmore lo sanno tutti che Pacchio si chiamava Ricciardo Menotti, antifascista e partigiano: “Durante il fascismo ho subito il carcere… lavoravo allo stabilimento di Papigno. Sono stato arrestato perché ho detto che avevo fame”, raccontava in un libro di Memorie pubblicato dall’Anpi nel 1995. Dopo il carcere partì militare, c’era la guerra. Tornò a casa dopo l’8 settembre, “Già mi cercavano i fascisti – scriveva nel 1995 – A quel punto ho preso la strada dei partigiani e mi sono unito a loro”. Nella brigata “Gramsci”, per tutto il periodo in cui durò la guerra partigiana Ricciardo combatté nella zona dell’Alta Valnerina, sui monti tra Cascia e Leonessa, che fu teatro di aspri scontri.

“Avevi 23 anni – ricorda il Pd di Marmore – quando insieme a tuo fratello Menotti e altri giovani di Marmore, Papigno e Piediluco avete messo insieme il primo gruppo partigiano”. Una guerra che non risparmiò prove terribili a Ricciardo. La fucilazione degli amici Domenico Faggetti e Orietto Bonanni, il primo di Marmore, il secondo di Piediluco; l’assassinio di Pietro Montesi. Ecco come li ricordava Ricciardo questi fatti terribili: “Pietro Montesi fu assassinato dai fascisti perché aiutava i partigiani: ci dava un po’ di pane, un po’ di tabacco o quando poteva dei soldi. Quando l’uccisero io li vidi: c’era stata una grande sparatoria con morti e feriti fascisti e tedeschi. Io stavo insieme a un partigiano spoletino che chiamavamo “Veleno”. Era ferito, me lo caricai sulle spalle per metterlo in salvo, mentre una mitragliatrice ci sparava contro. L’ho portato in una grotta. Quando sono uscito ho visto che avevano preso Montesi. Gli spararono una revolverata alla testa”.

Ed ecco come Ricciardo Conti riferiva l’episodio che vide Faggetti e Bonanni. “ Quando Leonessa fu riconquistata dai fascisti questi fecero due prigionieri: Domenico Faggetti e Orietto Bonanni. Li condussero a Villa Carmine, gli fecero scavare la fossa, gli hanno fatto dare la benedizione da con Concezio e infine li hanno fucilati insieme al prete”.

Il Ternano fu liberato, ma la guerra non era finta. Nel nord si combatteva ancora. “Pacchio” si arruolò nella divisione Cremona. “Eravamo trecento – raccontava Ricciardo – c’era con me mio fratello Menotti”. Fu ferito in combattimento Menotti, e perse una gamba: aveva 19 anni. Mezzo secolo dopo, Ricciardo andava ancora fiero: “Noi di Terni abbiamo liberato Alfonsine e ogni tre anni ci rechiamo in questa città per festeggiare l’anniversario della Liberazione”.

Ecco chi era “Pacchio”. “Ci hai raccontato tutto, tanto e ci hai insegnato molto – scrivono quelli del Pd di Marmore – anche per questo, soprattutto per questo, molti di noi hanno scelto l’impegno politico e l’antifascismo. Grazie per la tua vita”

Le frasi virgolettate di Ricciardo Conti sono tratte dal libro “Memorie”, a cura dell’Anpi di Terni sez. “V,Mauri”, s.d. ma 1995
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