Meno acqua per le mole del vescovo: il comune rischia la scomunica

29 novembre 1551 – Andò su tutte le furie il vescovo di Terni quando gli incaricati del Comune di Terni decisero di ridurre la quantità d’acqua che la Mensa Vescovile poteva trarre dal canale Sersimone. Con quell’acqua si attivavano le mole e le cartiere che il vescovado manteneva in esercizio all’interno del recinto di quello che era stato il monastero di San Paolo, fuori delle mura cittadine in località Galleto, il quale era stato soppresso col trasferimento delle monache di Santa Chiara in un convento in città.

La mensa episcopale aveva messo a frutto l’ampio spazio restato esterno al monastero su cui aveva impiantato due macine, una da grano l’altra per l’olio, e due cartiere.

Vescovo
L’ex monastero di San Paolo a Galleto

Il vescovo in carica, Sebastiano Valenti, reagì decisamente indirizzando un serie di Censure canoniche verso il consiglio municipale e gli incaricati che avevano formulato la proposta, inquadrandola nell’azione loro demandata del mantenimento e tutela del corso d’acqua Sersimone.

“Sgomentata” dalla reazione del vescovo la cancelleria municipale ternana, fece quindi una rapida retromarcia. E non solo: stabilì infatti che da allora in poi nessuno avrebbe più osato ridurre la portata d’acqua a disposizione degli opifici vescovili, impegnando anche gli amministratori che da allora in poi si sarebbero succeduti ad intervenire decisamente nei confronti di chiunque avesse osato compiere un’azione del genere.

Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione

di memorie storiche

tratte dai protocolli delle antiche

riformanze della città

di Terni dal 1387 al 1816″.

Ristampa a cura di Ermanno Ciocca.

Terni 1977, Ed. Thyrus.

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