La mensa episcopale aveva messo a frutto l’ampio spazio restato esterno al monastero su cui aveva impiantato due macine, una da grano l’altra per l’olio, e due cartiere.
Il vescovo in carica, Sebastiano Valenti, reagì decisamente indirizzando un serie di Censure canoniche verso il consiglio municipale e gli incaricati che avevano formulato la proposta, inquadrandola nell’azione loro demandata del mantenimento e tutela del corso d’acqua Sersimone.
“Sgomentata” dalla reazione del vescovo la cancelleria municipale ternana, fece quindi una rapida retromarcia. E non solo: stabilì infatti che da allora in poi nessuno avrebbe più osato ridurre la portata d’acqua a disposizione degli opifici vescovili, impegnando anche gli amministratori che da allora in poi si sarebbero succeduti ad intervenire decisamente nei confronti di chiunque avesse osato compiere un’azione del genere.
Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione
di memorie storiche
tratte dai protocolli delle antiche
riformanze della città
di Terni dal 1387 al 1816″.
Ristampa a cura di Ermanno Ciocca.
Terni 1977, Ed. Thyrus.
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