Mussolini in visita a Palazzo Mazzancolli, la “Casa del fascio”

Mussolini
Dopo la visita alla “Casa del fascio” Mussolini parla dal balcone del municipio. Folla in piazza (Istituto Luce)

Tra le opere di Orneore Metelli è sicuramente una delle più presenti nella memoria dei ternani: è il quadro che il pittore–calzolaio dipinse per celebrare a modo suo la visita di Mussolini, a Terni. Era il 1931, novembre. La città da quasi cinque anni era diventata capoluogo di Provincia. Una visita ufficiale alle industrie ternane, ci stava proprio. E fu una giornata celebrata con grande clamore sui giornali dell’epoca. Erano d’altra parte gli anni del consenso. Una per tutte, così riferì la cronaca della giornata sulla Stampa di Torino Enrico Mattei, uno dei giornalisti più importanti del tempo e per parecchi anni a seguire: «Il Duce visita gli stabilimenti del carburo di calcio, la grandiosa centrale idroelettrica di Galleto, la fabbrica d’armi; quindi si reca alla casa del Fascio, nel caratteristico palazzo dei Mazzancolli restaurato recentemente». Palazzo Mazzancolli, costruito nella seconda metà del 1400, dopo essere ospitato tra le sue mura – oltreché i membri della potente famiglia ternana – una filanda e il Monte di Pietà, era diventato la “Casa del Fascio”.
Mussolini, nel compiere la visita agli stabilimenti ed alla città di Terni, dedicò una parte della giornata all’incontro coi fedelissimi. «Una doppia fila di Giovani Fascisti è schierata nel cortiletto da cui si eleva una scala scoperta dalla linea armoniosa– racconta Mattei – Prima di salire, il Duce, attraverso una porticina si affaccia su un giardino da cui gli giunge caldo ed impetuoso l’“A noi!” di un gruppo di vecchi fascisti, la cosidetta vecchia guardia». Hanno tirato fuori per l’occasione «Le logore camicie nere delle squadre d’azione» i vecchi fascisti e si fanno incontro a Mussolini. Uno di loro, Carlo Jacobis – continua la cronaca – fa il discorso, con la voce «non scevra da qualche timore». «Non vi facciamo un dono come da prammatica, ma vi rinnoviamo il giuramento di credere, servire, ubbidire e vi lanciamo l’invocazione di fede. Diteci quali sono i diaframmi da spezzare e noi li spezzeremo».
Mussolini si compiacque e lo sottolineò nel parlare ai camerati ed ai segretari politici del Fascio, presenti all’incontro in federazione insieme ad ex combattenti, mutilati, crocerossine.
«Un gruppo di artigiani ternani si fa avanti – prosegue Enrico Mattei – si fa avanti ad offrirgli un magnifico grifone in ferro battuto». Mussolini raggiunse quindi il Municipio, dove era stata fissata la cerimonia di consegna dei premi dell’operosità e diligenza a lavoratori dell’industria, ai contadini, ai balilla. Il premio consisteva in buoni del tesoro novennali da 500 lire che seduta stante il Duce raddoppiò per contadini e i balilla ed aumentò, con l’aggiunta di una cifra in contanti, per i lavoratori dell’industria.
Era l’epoca del consenso per Mussolini ed il regime fascista, e la riprova la si ebbe in piazza, sotto al balcone del palazzo comunale. Ancora la cronaca di Mattei: «Un operaio, certo Bisaccioni, vorrebbe ringraziare, ma la commozione converte il discorso in un balbettio informe. Il Duce, che non ha bisogno di troppe parole, sorride e gli stringe la mano. Poi fa aprire la finestra e si affaccia. Finalmente! Da due, tre ore, resistendo a qualche lieve acquata intermittente, un’immensa folla lo attende e lo invoca invadendo l’intera piazza e le adiacenze. La sua apparizione […] scatena ora un’ondata di delirio. Si grida a gran voce: “Duce, Duce”. Lo spettacolo è superbo» conclude Mattei.
Un anno dopo, il 13 novembre 1932, i fascisti ternani si riunirono in congresso per commemorare l’anniversario della visita di Mussolini. Per l’occasione arrivò a Terni il segretario del Pnf, Achille Starace, che partecipò anche ad «altra e significativa cerimonia – riferirono le cronache – allo scoprimento di una lapide nel palazzo dei Mazzancolli, acquistato in questi giorni coi denari dei fascisti e del popolo tutto per assicurare alla Federazione Fascista e alle associazioni dipendenti una nobile sede».
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