Pampepato o pan pepato? Chiamatelo come volete, ma metteteci il pepe

Pampepato, una sola parola e quindi con la emme, o pan pepato, due parole distinte e quindi con la enne? Sembra che la discussione appassioni. E’ giusto o sbagliato scrivere “pampepato ternano”? Basta attenersi alla regola, si potrebbe rispondere e tutto sarebbe risolto. Magari! Perché a quale regola dobbiamo far riferimento? A quella della grammatica, secondo cui prima di P e B in italiano di mette la lettera m? Oppure alla regola fonetica, da cui deriva quella grammaticale, e che dice che davanti a P e B può anche andare la enne.
Come in ogni lingua (specie se neolatina) le eccezioni alle regole sono tali e tante che si finisce in un groviglio. Facile sarebbe se le parole fossero due: pan pepato, non c’è dubbio, anche perché pam pepato farebbe pensare al colpo di pistola reso nel linguaggio dei fumetti. Le complicazione arrivano quando si trova scritto panpepato, che sarebbe una parola composta e quindi un’eccezione alla regola ci sta (lo dice la Crusca).
Il pampepato (o panpepato) è considerato un dolce tipico dell’Italia centro-settentrionale tanto e vero che esistono i panpepati di Ferrara, di Roma, di Vigevano, di Siena ecc. ecc. Tutti rigorosamente con la enne. Ed allora perché solo quello ternano dovrebbe avere la emme? Forse per un fatto “storico”? Intanto è risaputo che si tratta di un dolce povero, popolare. Ed il popolo non è che la parola stesse a perdere tempo a scriverla: bastava pronunciarla, poi se il labiale era più o meno accentuato… Bastava capirsi.
I nobili, a Terni, mangiavano altri tipi di dolci. Ecco ad esempio la cena della vigilia di Natale della famiglia dei conti Graziani nel 1830: dopo lessi umidi, “anguilla rosta” e molto altro, arriva il dessert: “Mostaccioli, tisichella e spuma, pignocate, tisichelle ed ossi di morto”, riferisce il conte Carlo Graziani nel suo diario. Niente pampepato (o pan pepato) ternano, quindi. Quello era il dolce del popolo, un solo dolce ma con dentro varie spezie, a “profumare” noci e nocciole, mandorle, canditi, uvetta passa, mosto cotto, zucchero, farina, miele, tanto cioccolato e una tazzina di caffè, come cantava Bongusto.
Per finire va ricordato che il dolce ternano è iscritto nella lista ufficiale dei cibi tipici umbri con il nome di “Pampepato”, con la emme, e quindi questa è la grafia giusta se si vuole rientrare nella “tipicità” secondo norma. Poi sarebbe da tenere a mente un’altra regola spesso disattesa: il pepe. Ce ne va in abbondanza, perché in bocca si deve sentire il pizzicore e il profumo della spezia. Quindi ognuno lo scriva come gli pare: pampepato, panpepato o pan pepato. Ma se il pepe non c’è, sarà sempre e solo un “pam” o al massimo un “pan”.

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