Per l’anagrafe la sposa ha una figlia: lo sposo sviene

Quando c’è di mezzo la burocrazia

 

La signorina Anna C., nel 1953, era già matura, nel senso che la trentina l’aveva ormai bell’e superata. Non che fosse una zitella acida, però, perché Anna era una bella ragazza ed il fidanzato ce l’aveva. Uh se ce l’aveva! Da anni. Il loro amore era nato a guerra già finita da un po’, ma ci volle tempo prima che la coppia avesse la possibilità di mettere a verso tutte le cose e convolare a nozze. Loro, i due fidanzati che abitavano in una frazione di Perugia, comunque si amavano e decisero di fare le cose con pazienza. Volevano un bel matrimonio, ed aspiravano a porre prima le basi per una vita tranquilla una volta sposati. Arrivati al 1953 le premesse c’erano tutte. Era ora di “cacciare” le carte. Si presentarono quindi col sorriso sulle labbra all’ufficio anagrafe di Perugia. Fu tutta colpa dell’innocente curiosità dell’impiegato. «Eccole il certificato in cui si attesta che lei è nubile» disse questi alla signorina Anna, la quale allungò le mani per prendere il foglio mentre il fidanzato, accanto a lei, gongolava. Ma subito l’impiegato aggiunse: «E la bambina? Che ne dice?». «La bambina?» chiese lei pensando di trovarsi al cospetto di un impiegato burlone. «La bambina, la bambina… – insistette l’impiegato – Giovanna, sua figlia di nove anni. Che dice del fatto che lei si sposa? Lo fa per la piccola, vero?..».
La signorina Anna rimase col braccio destro paralizzato, il viso bloccato in una brutta smorfia. Diventò pallida strabuzzando gli occhi. Ben peggiore fu la reazione del fidanzato, che cominciò a balbettare, quindi sentì le ginocchia piegarsi. Buon per lui che portava il cappello, perché almeno coloro che lo adagiarono stravaccato su due sedie ebbero qualcosa da sventolargli davanti alla faccia… «’Na bambina?»,  farfugliava… «’Na freghina de nov’anni! E m’ha tenuto tutto nascosto per tanto tempo, com’ha fatto? E i’ tontolone ’n me so ‘ccorto de gnente, ‘l ve’ com so le coss. Fidate, fidate cocco, me diceva. Ah fidet ssì! Traditora». Lo stupore lasciava spazio alla rabbia; il sentimento al risentimento. E poi: che figura davanti a tutta quella gente che stava in fila all’anagrafe!
Ad Anna dovettero far annusare l’aceto: Si scosse e cominciò a protestare. Ma quale bambina! Lei non aveva mai avuto rapporti intimi con nessuno, nemmeno con quel fidanzato che era stato così paziente e che s’era frenato in attesa del matrimonio. Era pronta a dimostrarlo, c’era sicuramente uno sbaglio. Tutta colpa della guerra che, passando, aveva portato tutta una serie di sconquassi: morti, distruzioni, la rovina per molte famiglie. Perfino rovina di una famiglia ancor prima che si formasse. Eh no. Non poteva permetterlo. «Dicon tutte cussì…», filosofeggiò il promesso sposo che ormai s’era rassegnato a rimanere scapolo ad oltranza. Ma poi, davanti alle rimostranze, agli spergiuri, alle lacrime acconsentì ad una temporanea tregua. Che fu brevissima, perché nel giro di un’oretta s’era già convinto e s’era schierato apertamente dalla parte di lei comincinado ad inveire contro la burocrazia.
Seguì un esposto alla magistratura la quale andò – come si dice – a fondo. La cosa non sfuggì ad un cronista perugino che subito pubblicò la storia sui giornali. Per Anna cominciò una periodo di umiliazioni, un succedersi di situazioni imbarazzanti, ma volle andare avanti. Con coraggio e con la forza che dà il sapere di avere tutte le carte in regola, non solo quelle dell’anagrafe.
Gli accertamenti medici dimostrarono che aveva ragione lei: la sua illibatezza fu certificata. Finita la storia tirò un grosso sospiro di sollievo, che però fu un niente rispetto al tornado che scatenò col risucchio del proprio sospiro il promesso sposo.
Rimaneva da capire cos’era davvero successo. Ci pensarono i carabinieri e la magistratura di Perugia. Agli inizi del 1944, in effetti, una donna nubile di 32 anni che abitava nella stessa frazione di Anna, fu ricoverata al policlinico di Perugia dove dette alla luce una bimba cui fu dato il nome di Giovanna. Era il frutto di un incontro con uno dei tanti soldati di passaggio tra i tedeschi che si ritiravano e le truppe alleate che avanzavano. Per difendere la propria reputazione fornì le generalità di una donna che conosceva. Erano tempi in cui non evidentemente si andava per il sottile nemmeno in questioni così delicate. La bimba morì poche settimane dopo la nascita di broncopolmonite, ma all’anagrafe nessuno lo comunicò. E per loro, quelli del Comune, Giovanna era una bimba che nel 1953 aveva nove anni ed una mamma: Anna C., la quale rischiò di diventare vedova ancor prima di diventare moglie di quel giovanotto dal cuore che si mostrò robusto.
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 Scherzi dell’anagrafe: “La sposa ha una figlia” e lo sposo sviene

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