Perugina, gli anni eroici del Motogiro d’Italia

Tonino Trittici con la Perugina 175 al Motogiro del 1956

«Li vede quei quattro palazzi laggiù? Beh, lì c’era la fonderia. Qui, davanti a noi, in questo grosso fabbricato ora destinato ad uffici pubblici e privati e a servizi, c’era invece lo stabilimento, quello dove costruivano le motociclette». Di quelle moto, a Castel del Piano, frazione di Perugia, c’è rimasto
un ricordo in forma di monumento che si erge lì, dove stavano la fonderia e l’officina Menicucci. Riproduce il marchio della moto “Perugina”,un Grifo rosso stilizzato, sovrapposto ad una ruota dentata e a  un timone azzurri. Stesso nome della fabbrica di cioccolato, ma qui non si prendeva la gente per la gola. Casomai le orecchie, mediante il rombo dei motori delle moto che prodotte in qualche migliaio di esemplari nella prima metà degli anni Cinquanta. Moto da passeggio e da competizione: corse in salita e, soprattutto, Motogiro d’Italia e Milano – Taranto.Due “Gran fondo” le chiamavano allora. Le vollero, ad imitazione della Mille Miglia, i produttori italiani di moto. Occasione di promozione, ma anche di sviluppo e ricerca tecnologica. «Eh – sospira la signora che fa parte del Motoclub Manlio Menigatti di Castel del Piano – Anche mio marito correva con la Perugina, forse lei se lo ricorda: Trittici, Antonio Trittici. Non c’è più da vent’anni, ma io sono rimasta legata al mondo delle motociclette che lui amava tanto».
Antonio Trittici fu al via, con una Perugina ovviamente, del Motogiro d’Italia nel 1955 (numero di gara 376) e nel 1956 (numero 338). Erano anni in cui nell’officina di Castel del Piano si dava “fiato” alla produzione. Quattro modelli: una 160 centimetri cubici a due tempi, Turismo: quattro marce, velocità 95 chilometri orari: costo 183mila lire. In epoca recente c’è chi ha sborsato migliaia di euro per assicurarsene uno dei pochi esemplari ancora in circolazione. Delle due tempi non ne furono vendute molte, in verità. “Tiravano” di più le quattro tempi: la 125 e la 175 turismo, velocità 105 all’ora (prezzo 235mila lire) e la 250 granturismo (135 all’ora, 285mila lire). Ma il modello di punta era la 175 sport:125 all’ora, e 210mila lire il costo. Era quella che s’utilizzava per correre.
Al  Motogiro del 1954 furono due le Perugina al via: quella di Cini, portacolori del Moto Club Perugia, e quella del napoletano Santoro. Nel 1955 furono molte di più: alla partenza c’erano, oltre a Tonino Trittici, già citato, Enzo Ridoni, Ennio Ambrosi, Otello Raspa, Fausto Cutini, Alessandro Bozzano. Cinque moto Perugina al via nel 1956: ancora Trittici, Raspa e Ambrosi (tutti e tre del moto club Menigatti) e i “forestieri” Ottavio Marini (romano) e Piero Coppini (fiorentino). Nessuno tra loro risulta piazzato ai livelli alti della classifica, ma la concorrenza era aspra. I partecipanti al Motogiro erano sempre centinaia (nel ’54 il record con 550 iscritti) e le case costruttrici impegnate erano le più importanti: dalla Gilera, alla Guzzi, alla Mv, alla Ducati. Per non parlare di Benelli, Morini, Parilla, Mondial, Laverda. Case importanti che schieravano piloti ufficiali e macchine dalla tecnologia evoluta; non a caso i vincitori delle cinque edizioni del Motogiro si chiamano Leopoldo Tartarini (Benelli), Tarquinio Provini (Mondial), Emilio Mendogni (Morini), Giuliano Maoggi (Ducati) e Remo Venturi (Mv Agusta). Pilota e costruttori importanti che allestivano appositi modelli per le gare di gran fondo.

Non era possibile chiedere tanto alla FOM di Castel del Piano produttrice della Perugina. Anche se, certamente, Giuseppe Menicucci, il vero “motore” della Perugina non mancava di esperienza. La sua prima motocicletta la costruì, giovanissimo, nel 1930, nell’officina di casa, a Castel del Piano. Realizzò il telaio che equipaggiò con un motore inglese, il monocilindrico Jap di 250 centimetri cubici. Sul serbatoio la scritta Che lo inorgogliva: “Menicucci”. Ma i mezzi finanziari a disposizione erano insufficienti. Così Menicucci decise di associarsi ai fratelli Buraglini, allora titolari di un’attività commerciale con vendita di biciclette e articoli sportivi, ma anche di una officina riparazioni di auto e moto. Nacque così la BMP, Buraglini-Menicucci Perugia. Si assemblavano telai costruiti da Menicucci con motori inglesi: il Jap ed il Python. Moto turismo e sport di 175, 250 e 500 centimetri cubici. Sul mercato dei collezionisti di moto d’epoca oggi la BMP è una moto rarissima.
Si pensa ne rimanga un solo modello che è di proprietà di una appassionato di Perugia. Si tratta si una moto molto curata nei particolari e di indubbia potenza (120 cavalli). Non ha prezzo,come un quadro di Picasso. Per farsi un’idea basta considerare che la moto inglese Rudge che monta lo stesso motore è quotata 15mila euro. L’esperienza BMP finì abbastanza presto, nella seconda metà degli anni Trenta. Ma Peppino Menicucci non si dette per vinto. E dopo la guerra ci riprovò. Stavolta con maggior successo. Grazie alla Perugina, appunto.

Perugina, da Castel del Piano sulle strade del Motogiro

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