Quel prete professore con la tonaca svolazzante della media “A”

ex gil
L’ex Gil ospitava negli anni Cinquanta del ‘900 alcune sezioni della media “A”
mANNI

di LORENZO MANNI

Avevo dodici o tredici anni… frequentavo la prima media “A“. Frequentare la media “A“, in quei periodi era considerato un privilegio, avere l’opportunità di usufruire dei migliori insegnanti che potevano dare maggiore conoscenze utili per acquisire  “un pezzo di carta”  consistente per quando ci si sarebbe iscritti alle superiori.

Non c’era ancora la media “unificata”, e quindi esistevano altri corsi di studio, dopo le elementari: erano l’Avviamento commerciale e l’Avviamento industriale, fermo restando che non tutti continuavano a studiare dopo la quinta dato che la scuola dell’obbligo si esauriva con la licenza elementare. Tanti miei amici delle elementari andarono a fare i “garzoni“ nelle botteghe, altri ad “imparare un mestiere” preparandosi quindi alla vita futura.

Alla media “A“ si accedeva soltanto previo esame di ammissione che prevedeva anche che si conoscesero i primi rudimenti del latino, oltre agli approfondimenti delle alte materie.

La media “A” era organizzata in più plessi e quello di Terni centro, di solito era il più ambito, e naturalmente non era per tutti. Uno  studente della zona Sud ed Ovest della città  veniva assegnato alle classi ospitate alla Ex Gil , mentre quello della zona Est in quelle presso Palazzo Falasca. Chi era in periferia, in periferia rimaneva.

(l’edificio della Leonardo da Vinci, progettato da Ridolfi non era ancora costruito, fu realizzato nel 1960 proprio per essere la sede della media “A”.

Pertanto a me ed altri studenti, che avevano frequentato le elementari alla Borgo Garibaldi toccò la Ex Gil. Fu qui che per la prima volta mi dettero del “tanghero”. Ad apostrofarmi in tale maniera fu prete, insegnante  di religione. Era alto – o almeno a me sembrava così – capelli bianchissimi e gli occhiali sempre sulla punta del naso, abito lungo, largo, nero… Se lo incontravi nel corridoio già incuteva qualcosa di più di un timore. Insegnava religione, ma come la si insegnava alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso: essenzialmente catechismo.

Gli esentati , perché di religione ebraica, erano un paio, uscivano di classe ad inizio lezione, in silenzio, con lo sguardo a terra , forse per il disagio di essere considerati differenti, forse per l’educazione familiare legata al ricordo di quanto gli ebrei avevano subito pochi anni prima. Dopo il Nome del Padre tutti seduti ed in silenzio. Nel suo programma incluse la lettura di Ben Hur , un romanzo anche interessante per la nostra ’età, che volentieri ascoltavo  o leggevo alternandomi ai miei compagni. Ci dava il compito a casa , dovevamo riassumere ciò che avevamo letto e fare le nostre riflessioni.

Studiare a casa  non era per tutti agevole; non tutti avevamo i genitori con la possibilità, anche per il bagaglio culturale, di seguire i figli negli studi. Personalmente, per di più, non avevo una “ cameretta” tutta per me per studiare in santa pace; studiavo in cucina , luogo ideale perché riscaldato con la stufa alimentata a lignite, ma l’ambiente era molto dispersivo.

A parte mio padre, che durante la giornata era a casa solo per i pasti, era il luogo frequentato da mia madre per le sue faccende, da mia nonna , forse la meno ingombrante, che faceva la calzetta. La calzetta la faceva con quattro ferri ed era un piacere vederla sferruzzare, incrociare, spostare il filo ad occhi chiusi, sembrava dormisse. Poi c’era mia sorella che era molto più piccola di me. Giocava con il gatto mia sorella, anzi… pretendeva di giocare perché lui, il gatto, non era quasi mai disponibile. Insomma ce neerano d buoni motivi per distrarsi dallo studio. Mentre  facevo i compiti, questo gatto, fuggendo dalle mani di mia sorella, saltò sul tavolo rovesciando un bicchiere d’acqua e così  il foglio di protocollo sul quale stavo scrivendo le mie considerazioni su Ben Hur si bagnò. I fogli di protocollo non si acquistavano a risme, in casa avevo quello solo e su quello conclusi  il compito perché dovevo consegnarlo il giorno successivo.

Inizia l’ora di religione. Solito rito, poi il prete professore passa per il ritiro dei compiti. Arriva al mio banco, prende il foglio, lo guarda, lo osserva bene e mi fissa negli occhi, al di sopra dei suoi occhiali, come se volesse fulminarmi col suo sguardo. Rimase un po’ con questo foglio in mano fissando la parte sgualcita ed un po’ sbaffata ché era venuta a contatto con l’acqua… poi, con l’indice teso in continuità al il braccio indicandomi la porta, urlò: “Vai fuori tanghero! “.

Nel corridoio , da solo, mi chiedevo cosa significasse la parola tanghero. Avevo paura di essere visto dal vicepreside Brignone, mio professore di matematica; avevo paura che il prete professore mi mettesse una nota… E se poi avesse preteso che i miei genitori la firmassero? Prima di farmi esprimere le mie ragioni sicuramente mi avrebbero dato un paio di scapaccioni e solo dopo avrei potuto parlare… E se questa storia avesse compromesso la mia promozione?.. Non vedevo l’ora che i minuti passassero e che potessi avere alcune certezze sulla mia situazione.. finche finalmente suonò la campanella.

Ero girato di spalle quando sentii passare il professore di religione; inconfondibile la folata di vento della tonaca. Stava velocemente raggiungendo la sala professori.

Non mi mise la nota, la cosa finì lì, per quanto riguardava me scolaro. Ma quando ritornai a casa – naturalmente non dicendo nulla di quanto era successo – aprii lo Zingarelli e trovai la parola tanghero per capire cosa significasse. Non me la sono più dimenticata. Di li a poco, nel 1959, uscì il film Ben Hur ed ebbe un grande successo.

Non ho mai visto quel film.

/ 5
Grazie per aver votato!