Rinaldo Tinarelli, il mago amerino dei motori

Tinarelli e la Ferrari

Ad Amelia, su una facciata vicino ai giardini pubblici di piazza XXI Settembre c’è una targa. Una scritta in caratteri bianchi su un fondo rosso vivo, il rosso Ferrari. E’ stata posta a ricordo di due piloti amerini, i fratelli Rinaldo e AlfredoTinarelli. Rosso Ferrari, ma le auto dipinte di rosso, agli albori delle corse automobilistiche, non era il segno distintivo dei bolidi di Maranello, tanto più che la scuderia Ferrari non esisteva ancora. Il rosso era il colore che per scelta delle associazioni internazionali indicava le vetture italiane, così come il blu lo era per le francesi, il verde per le inglesi. Il rosso, quindi, come colore di chiunque, in Italia, viva nel mondo dell’automobilismo sportivo.

Come Rinaldo Tinarelli, ad esempio, riconosciuto in tutta la nazione come “Il mago dei motori”. Rinaldo, giovanissimo era emigrato in Francia dove aveva lavorato alla Peugeot, poi era tornato in Italia, a Milano, dove aprì la sua officina di meccanico in via Savonarola, in un locale–garage ricavato sotto le gradinate del velodromo Vigorelli, all’epoca tempio del ciclismo. Ma non di biciclette si occupava Tinarelli. Lui si dedicava alle auto, motori soprattutto, ma anche telai. Era specializzato per le Lancia, ma la sua clientela era la più varia. A Milano chiunque avesse un’auto sportiva o comunque un’auto di una certa levatura, era al “Tina” che si rivolgeva. Era suo cliente fisso, ad esempio, Antonio Maspes. Chi ha una certa età lo ricorderà certamente come uno dei più grandi sprinter mai esistiti, vincitore di sette titoli mondiali nella velocità su pista. Maspes, grande campione, era uno che non stava tanto a rimirare i (parecchi) soldi che ogni anno incassava con le sue tournées in Giappone con la maglia iridata: in estremo Oriente il ciclismo su pista era sport popolarissimo anche per il circuito di scommesse che ruotava intorno ad esso. Maspes non si faceva mai mancare gli ultimi modelli delle auto sportive. Ed ogni volta, non appena ritirata la vettura dal concessionario, la portava al “Tina” che doveva elaborarne il motore, potenziarlo. Quel lavoro di meccanico permetteva a Rinaldo Tinarelli di campare la famiglia dando sfogo alla sua passione per le auto, specie se da corsa. Meccanico esperto ed ovviamente pilota. In coppia con Franco Cornacchia fu al via della Mille Miglia del 1952, con una Ferrari 212 Export berlinetta Vignale della scuderia Guastalla. L’equipaggio amerino-milanese si classificò ventesimo nella graduatoria generale, ma ottenne in ottimo terzo posto nella classifica della sua categoria, quella riservata alle vetture “Gran turismo internazionale classe oltre 2000 cmc”. L’exploit per cui è più conosciuto, Rinaldo Tinarelli lo compì non da pilota, ma come meccanico-costruttore. Nel 1955 realizzò un esemplare unico di auto da competizione. Una vettura da corsa realizzato sulla base di una Lancia Aurelia B20. Ne accorciò il telaio di una ventina di centimetri e vi montò il motore di 2.500 cc che prelevò dal rottame della vettura con cui Luisa Rezzonico, una giovanissima milanese che correva in auto,ebbe l’incidente in cui perse la vita mentre disputava la Trento–Monte Bondone il 1. ottobre del 1954. Telaio più corto, motore più potente e, ovviamente, un’altra carrozzeria che il “Tina” progettò e fece costruire a Torino. Dell’Aurelia, insomma, c’era ormai quasi niente. Era diventata una coupé (rossa) che si chiamò Tinarelli B20.

Rinaldo Tinarelli
La Targa che ricorda Rinaldo e Alfredo Tinarelli

E Alfredo? Il fratello di Rinaldo fu anch’egli meccanico, ma rimase ad Amelia, titolare di un’officina e del distributore di benzina che fino a qualche anno fa, in piazza XXI Settembre, c’era ancora. Come meccanico non raggiunse la fama del fratello anche perché ad Amelia non capitavano certo le stesse opportunità che a Milano, al Vigorelli. Fu però appassionato pilota automobilistico e partecipò a quasi tutte le edizioni del giro dell’Umbria automobilistico–Coppa della Perugina che disputò con vetture sport di costruzione artigianale.

Proprio lì, dove aveva sede l’officina di Alfredo è apposta la targa che ricorda i fratelli

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