San Valentino, il lento e inesorabile declino di un quartiere della periferia

di LORENZO MANNI

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Era un quartiere vivo, in quegli anni Sessanta: suoni, odori, grida di bambini. Ci si conosceva tutti per nome o per soprannome. Quello di San Valentino era un quartiere che aveva i suoi problemi, anche perché era cresciuto in un batter d’occhi quando vi erano arrivate centinaia di persone a cui fu data una soluzione abitativa dopo che per la tragedia dell’ultima guerra non avevano più la loro casa.

Le misero li, fra il fosso e la ferrovia , quelle famiglie che non si conoscevano ma dovettero convivere negli spazi comuni,ognuno coi  problemi che s’era portato dietro: per alcuni la disoccupazione , per altri questioni di altro genere. mentre altri avevano un lavoro che permetteva alla loro famiglia una vita decorosa e decente.
M , come accade anche per altre circostanze, vinse la convinzione che tutti fossero uguali, senza distinzione e senza un’accurata analisi che evidenziasse le diversità di quegli abitanti.

Le case assegnate a quelle famiglie erano di due tipi, con denominazione ben distinta: “case minime “, ovvero piccolissimi appartamento per le persone più bisognose e piccoli nuclei familiare ed i “palazzi” dove invece gli appartamenti erano più “signorili”  seppure sobri, senza ascensori e con servizi essenziali.
Nacque così un nuovo “paese “ nel giro di pochissimo tempo, senza che nessuno avesse avuto la possibilità di “crescere ” insieme negli anni.

Nel quartiere c’era anche l’ex convento, divenuto proprietà del Comune grazie alla antica  legge napoleonica. Anche lì c’erano appartamenti per persone non abbienti, ma anche la scuola elementare molto frequentata dai bambini del circondario .

Non mancavano ovviamente le abitazioni private “storiche”,quelle adiacenti la via principale, e nuove, quelle delle lottizzazioni che a partire dagli anni Cinquanta permisero a diverse famiglie di costruire la propria abitazione privata .

Un borgo popolato dove diverse erano le attività. Alcune strettamente collegate alla presenza della scuola come la pizzeria o la cartolibreria che-  fra l’altro- attraeva i ragazzini perché lì si vendevano le bustine con le figurine Panini dei calciatori e dei ciclisti .Collegato alla cartolibreria c’era un negozio di abbigliamento, non lussuoso, ma abbastanza fornito.  Non c’era un alunno scuola che non avesse nella tasca del grembiule un mazzo di figurine da scambiare o per giocare a “battimuro” prima e dopo l’ingresso in aula. Quattro i negozi di “generi alimentari”, due macellerie, due bettole, due bar ed un “circolo culturale” , due barbieri (per un breve periodo anche tre, ma uno chiuse per un brutto fatto di cronaca–>>), una  parrucchier , due bar, due forni per il pane, un fruttivendolo ed un pescivendolo ambulante che apriva bottega due giorni alla settimana.

La Scuola Materna in costruzione

Mancava una scuola materna pubblica  nonostante il numero delle nascite , in quel periodo, fosse consistenti, ma da una collaborazione economica fra cittadini e la parrocchia si aprì anche un asilo che andò in gestione alle suore.  Le attività economiche erano soprattutto quelle artigianali: il ciclista, il legnaiolo, il benzinaio, iil calzolaio, il mugnaio,  il falegname, il lucidatore di mobili e c’era un importante stabilimento di cartoline dove lavoravano un centinaio di persone.

Due i centri di discussione politica ben definiti, le sezion del Pci e del Psi mentre il Pri aveva sede nell’abitazione di un repubblicano storico e la Dc trovava il modo di riunirsi in qualche locale di pertinenza della parrocchia.

Passati gli anni la vita a San Valentino cambiò. Tutto cominciò con la chiusura della scuola elementare: un fatto che comportò  il ridimensionamento  e poi la chiusura della pizzeria e della cartolibreria. Successivamente sono stati trasferiti molti abitanti per il risanamento degli appartamenti pubblici, cambiò il modo di fare gli acquisti per i generi alimentari con nascita dei supermercati, cambiarono molte esigenze e crebbero le possibilità della mobilità, i bambini crebbero, formarono nuove famigli,  andarono ad abitare in altre zone.

Il quartiere si è impoverito di cittadini e di attività fino ad arrivare alla situazione attuale. Un quartiere dove solo due o tre associazioni cercano di tenere viva la socialità anche con le proprie attività, lodevoli, ma non sostenute da entrate o sponsorizzazioni in quanto le attività in zona sono del tutto annullate. Fra queste vanno ricordati un centro giovanile molto efficiente, due  associazioni  culturali, un centro parrocchiale ed una associazione calcistica che riescono ad aggregare il più possibile gli abitanti della zona interessati alle attività messe in atto.  Ultimamente hanno realizzato , all’interno del quartiere centrale, una struttura per il sostegno diurno di persone con problemi ; questa collocazione, a giudizio di molti , compresi i genitori dei frequentatori, inadeguata perché non permette ai ragazzi di interagire con il territorio e cercare di rendersi più autonomi possibile frequentando attività commerciali o laboratori artigianali.

Un quartiere, nato come Borgo periferico autonomo, piano piano si è trasformato in quartiere dormitorio e non riesce in pieno a fare decollare  tutte le  potenzialità di sviluppo che ha in seno. Una in particolare è da considerare al massimo. La presenza di una Basilica contenente le reliquie di un Santo importantissimo anche per i non credenti. Il Santo dell’amore universale , il santo che dovrebbe essere anche ricordato per i diritti umani che aveva predicato e praticato nella sua vita e che purtroppo non viene valorizzato appieno nel luogo della sepoltura e sua casa dedicata , ma che per vari motivi , a volte incomprensibili se non attribuibili al malcelato interesse economico del centro , viene da alcuni anni “traslato” all’interno della città , riproponendo l’originale diatriba fra chi desiderava un Patrono entro le mura cittadine e da chi venerava il Santo dell’amore nel colle a lui congenito.

LE FOTO sono tratte dall’archivio dell’Associazione San Valentino Borgo Garibaldi”

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