Ternani, così colti e gentili. Nel 1828

corso vecchio Terni
Terni Corso Vittorio Emnanuele

I ternani? Eccoli com’erano nel 1828. «Terni è fecondissima di uomini d’ingegno elevato, di dolcissimo carattere, e di civili costumi, e tali da eseguire qualunque onorata, nobile ed ardita intrapresa, come lo provano largamente gli annali della patria loro. Frutto è questo del clima, della educazione, e del conversare continuo con colti e gentili viaggiatori».
Parola d’onore di Girolamo Eromeli, che così scrive in una lettera alla sua amica fiorentina Aspasia Talassi. Due nomi e due cognomi che appaiono più fasulli di una valigia di banconote fuori corso; pseudonimi. Chi mai saranno stati i due? Per quanto riguarda lei sembrerebbe trattarsi di una nobildonna fiorentina: il paragone con Aspasia di Mileto fa pensare ad una donna colta, capace di sostenere dotte disquisizioni, libera nei rapporti con l’altro sesso. Diciamo una donna avanti rispetto ai tempi. E lui? Chissà? Forse un marchigiano se si considera che, nel 1828, la lettera divenne un libro che fu stampato a Pesaro.
Girolamo Eromeli, così continua: «Fra i pregi degli abitanti di Terni contasi in particolar modo l’ospitalità che trovasi in grado sublime in ogni classe di questo popolo; anche Luciano Bonaparte _ sottolinea Eromeli _ nel suo poema “Carlo Magno” chiama la città ospitaliera».

piazza del Popolo Terni
Piazza Vittorio Emanuele

Appare strano? Eppure i ternani della prima metà dell’Ottocento sembra fossero proprio così: ospitali, gentili, colti, ardimentosi ed innovativi imprenditori.
Qualcuno dubita? Ecco cosa scriveva Francesco Angeloni alla metà del ’600: Terni «è fra le più celebri e illustri città d’Italia, per cagione di antichità, per dignità sua, per magistrati, per grandezza e nobiltà delle pubbliche fabbriche, per onori ricevuti e per grandi e prodi e santi uomini prodotti».
Francesco Angeloni _ si sa _ era mosso soprattutto dall’amore per la sua terra di origine. Ma Girolamo Eromeli, perché si sdilinquiva in tanti apprezzamenti dei ternani e soprattutto di Terni e le sue acque?
Il sospetto è che fosse “sponsorizzato”, o _ meglio _ che fosse una specie di agente pubblicitario per un’iniziativa economica, varata giusto un anno prima: i “Bagni Manni”, che egli decanta nella lettera alla misteriosa (o addirittura inesistente?) amica fiorentina. «I bagni _ riferiva _ sono situati all’interno della città nel luogo detto Camporeale, ove la sua situazione amena e deliziosa gareggia con la salubrità dell’aria. Un giardino ricco di fontane, adorno di belli viali, ripieno di spalliere, e di vasi simmetricamente disposti sempre carichi di frutta, ridondante di piante indigene ed esotiche, forma la ridente prospettiva allo stabilimento dei bagni».
Uno spot in favore di quello che sarà in seguito conosciuto come l’Albergo Manni: uno stabilimento termale. L’acqua del Nera vi arrivava attraverso uno dei tanti canali che percorrevano la città. «Le acque del Nera contengono carbonato di calce, magnesia e solfo, e sono perciò adoperate in una casa di bagni», raccontava una trentina d’anni dopo Anton Giulio Barilli, genovese, garibaldino, giunto a Terni al concentramento prima di una spedizione contro i papalini. E di Terni e dei ternani che dice Barilli? «C’è un visibilio di cose da vedere; e quindicimila abitanti rallegrano il luogo; ottima popolazione molto operosa» e, soprattutto, «una bella popolazione specie in materia di donne. Belle e savie donnine di Terni, così onestamente cortesi, voi ci avete fatto sentire ancora una volta che l’Italia è una, dall’Alpi al Lilibeo». E pensare che appena arrivato aveva scritto nel diario: «Terni, con tutte le sue grandi memorie, non mi fece a prima giunta un gran senso: gli edifici si levano troppo poco da terra e le vie non offrono alcuna veduta pittoresca». Poi si è ricreduto. Chissà come mai?

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Ternani, così colti e gentili.

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