Terni 1629, furto al Monte di Pietà: il cardinale ordina “cacciate il cassiere”

Il 28 luglio 1619 l’ordine fu perentorio: il cassiere del Sacro Monte di Terni Mallio Pacetti doveva essere immediatamente rimosso dall’incarico. Il cardinale Scipione Cardarelli Borghese, segretario particolare nonché nipote del Papa Paolo V, non ammetteva altri indugi. E così si fece. Nuovo cassiere fu proposto ed accolto Lodovico Vecchia, il quale sarebbe restato in carica pochi mesi, ossia fino a quando non fosse scaduto il mandato di cassierato di Pacetti.

Cos’era successo? Ai primi di gennaio di quello stesso anno si scoprì, con un certo sgomento, che erano stati rubati oggetti di valore e denaro dalla casa del Sacro Monte di pietà. Il Magistrato di Terni (il sindaco del tempo)  ed il Consiglio assunsero impegno si individuare innanzitutto quali oggetti fossero stati rubati e, ovviamente scoprire chi era stato l’autore di un così efferato furto sacrilego.

Si procedette prima di tutto, presenti il Magistrato e il Vescovo, ad un inventario minuzioso delle proprietà del Monte, e si chiese anche l’autorizzazione a concedere l’impunità a chiunque rivelasse i nomi degli autori e dei complici del furto ponendo una taglia di duecento scudi sulla testa dei ladri e dei loro complici. Il tutto si concluso con la nomina di una commissione di cittadini per seguire le indagini e punire severamente i colpevoli.

Il cardinale Borghese perse la pazienza: erano passati mesi dal furto ed ancora non si era risolto niente, mentre si richiamava al suo posto il “cassiere” e si rinviava di altri mesi ogni decisione. A decidere fu così lui, il cardinale, che intervenne risolutamente ed ordinò al Comune di, quantomeno, sostituire il capo del Sacro Monte. Con toni tali che nessuno osò contraddirlo.

Il guaio fu che nel frattempo il Monte restava chiuso e non poteva prestar denaro ai poveri, i quali si lamentarono ufficialmente incontrandosi coi membri del consiglio cittadino. Si dispose perciò, nel mese di maggio (quattro mesi erano trascorsi invano), di assumere provvedimenti provvisori per andare incontro alla richiesta dei poveri della città. Si tornò sull’argomento alla metà di luglio quandosi si stabilì che i reggenti del Sacro Monte tornassero ad esercitare i loro poteri, aprendo però nuovi registri che dovevano essere ben distinti dai precedenti su cui si stava indagando. Il cassiere Pacetti, che era praticamente il direttore del Sacro Monte, e che era stato   sospeso temporaneamente dall’incarico fino a quando non si fosse conclusa l’indagine giudiziaria, fu – sempre provvisoriamente – richiamato al suo posto soprattutto, si disse, per “toglier dalla pubblica opinione qualsivoglia sospetto a suo carico di complicità o connivenza, non compatibile – si assicurava – con la sua conosciuta onoratezza”. Tanto più, si aggiungeva, che egli sarebbe decaduto dall’incarico pochi mesi dopo, nell’aprile dell’anno successivo, e solo allora si sarebbe dovuta esaminare la sua gestione del Sacro Monte.

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