Terni, l’enigma della cattedrale

La suola si una scarpa scolpita sulla facciata del Duomo di Terni: un enigma storico.
La suola si una scarpa scolpita sulla facciata del Duomo di Terni: un enigma storico.

Un enigma irrisolto. Eppure ci si sono messi in parecchi a comparare testi e testimonianze, proporre deduzioni logiche. Niente. Ogni ipotesi resta valida pur se con punti deboli. L’enigma sta sulla facciata del duomo di Terni, vicino al portale principale, sul lato sinistro per chi si accinge ad entrare. Ad altezza d’occhio c’è, inciso nel marmo,il disegno di una scarpa: o meglio, della suola di una scarpa. Agli albori del ‘900, si decise di dare «una sistemata» alla facciata della chiesa di Santa Maria Assunta, la cattedrale di Terni. Si decise di riportare in vista il muro antico di pietra, che era stato ricoperto dall’intonaco. Fu il muratore il primo a strabuzzare gli occhi: che ci faceva lì quella forma scolpita che ricordava l’orma che si lascia passando su un terreno fangoso? Achi era venuto in mente di perdere tempo a scanalare il marmo per realizzare una forma tanto precisa?
Il primo ad interessarsene fu Luigi Lanzi, che era il direttore della biblioteca di Terni,ma anche un esperto archeologo e studioso di storia locale. Così la descrisse, con doverosa minuzia: «Apparve la impronta della pianta di un piede, anzi precisamente di una scarpa, graffita a semplice contorno, lunga 26 centimetri, divisa da due orizzontali in tre parti quasi eguali, e recante nella sezione centrale un solco regolare e profondo che occupa il centro della pianta e congiunge verticalmente le due divisioni, segnando un’altezza di 80 millimetri».
Otto centimetri di tacco. Roba da scarpe di indossatrici in passerella.O forse ottanta millimetri era lo spessore di tutta intera la parte sottostante il piede, una specie di rialzo?
Tra le ipotesi suggestive (ed azzardate) qualche studioso di storie ternane è successivamente arrivato ad una considerazione: quel segno fu fatto fare nella seconda metà del Quattrocento. Sembra che in quel periodo in cui si stava scendo dai secoli bui e austeri del medioevo si fosse cominciato a godersi per quanto possibile la vita. E vi fu, come si dice, un certo rilassamento dei costumi.Un po’ troppo, anzi, secondo la valutazione dei benpensanti. Lussi, bettole e meretricio. Somigliando la forma della scarpa più ad uno zoccolo, se ne dedusse che quella era la forma e la misura degli zoccoli di legno che si ordinò portassero ai piedi le meretrici, in modo che fosse facile individuarle, e nelle intenzioni dei moralizzatori, evitarle anche nelle ore buie perché gli zoccoli di legno, facendo rumore sul selciato, segnalavano il passaggio di «una di quelle». Per questo, anzi – secondo quelle ipotesi un po’ “suggestive” ma fantasiose – le meretrici vennero chiamate «zoccole».
Il dibattito tra dotti, così come lo riferisce Lanzi, arrivò a  conclusioni diverse. Era quella l’unità di misura ufficiale da adottare, il “piede ternano”, si azzardò.Ma il piede ternano era
lungo 355 millimetri per misurare fossati, 525 per misurare terreni, 335 per misurare muri e tavole. Non 260 millimetri come quella suola. «È la forma del piede di Sant’Anastasio, affermarono subito i più facili solutori», riferisce Lanzi. Ma Sant’Anastasio (uno dei protettori di Terni) sembra fosse un gigante ed i suoi piedoni non sarebbero entrati in quella scarpa. «È un voto», disse uno. «È lo scherzo di qualche vagabondo», dedussero altri.
Ma cos’era, davvero, quel “graffito”? Lanzi ne riferì sul Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, nel 1906. Alla fine del 1444 per arginare il clima di bassa moralità che si stava diffondendo, l’arringo (il consiglio comunale dell’epoca) elaborò un regolamento che prevedeva particolari obblighi e divieti per le donne. Le quali non potevano partecipare a cortei funebri, né potevano spendere per gli abbigliamenti nuziali più di 66 ducati d’oro, né indossare drappi di seta, né maniche di velluto, né corona d’argento del peso di più di otto once e né calzare scarpe alte più di quattro dita (più o meno 80 millimetri). Anzi, per dar modo a tutti di avere un metro di paragone, la scarpa “d’ordinanza” andava scolpita su un muro della
cattedrale. Là dove oggi si trova, continuando a solleticare curiosità e varie fantasie.

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