Triponzo e l’acqua del diavolo

Non potevano che odorare di zolfo le acque termali di Triponzo. Almeno se si dà retta alle leggende che vogliono i Monti Sibillini come dimora del diavolo. E già, perché le acque che sgorgano dalle viscere della terra in quel luogo della Valnerina che sta quasi al confine con Visso e, quindi, con le Marche potrebbero benissimo percorrere meandri sotterranei che partono proprio da lassù, dal gruppo montuoso del Vettore. D’altra parte, non sono forse sulfuree le acque termali che sgorgano sul versante marchigiano dello stesso massiccio montuoso, in provincia di Ascoli Piceno? Sì, vabbè, di là della montagna le terme sono quelle di Acquasanta, un nome che andrebbe a smentire in partenza qualunque «diavoleria», ma potrebbe trattarsi di un tentativo di esorcizzare la questione.

Triponzo
Triponzo

Le leggende che raccontano di presenze demoniache sui monti Sibillini sono arcinote. Sta lì l’antro della Sibilla che, si racconta da secoli,sarebbe stata condannata dal Padreterno a vivere segregata perché voleva essere madre del Redentore.Sempre lì si trova il «sentiero delle Fate»,ma non si pensi come modello alla Fata Turchina di Pinocchio né a qualche miss o a procaci star hollywoodiane. Le fate in questione sarebbero state, invece, le cortigiane della Sibilla, le quali dalla sommità delle montagne scendevano nei paesi vicini (soprattutto Castelluccio di Norcia, nel caso in ispecie) per sedurre i giovani pastori. Bellissime, erano però demoni, e se lo sguardo dei giovani pastori, non fosse stato principalmente attratto da altre cose, essi avrebbero potuto notarlo. Se solo avessero guardato anche i piedi delle bellissime fate si sarebbero accorti che era piedi di capra. Ecco: secondo la leggenda lo scalpitare continuo di quelle creature coi loro piedi caprini avrebbe tracciato il «sentiero delle Fate», sul fianco del Monte Vettore.

Lavori in corso alla Terme di Triponzo
Terme di Triponzo, lavori di ristrutturazione alle terme dell’ “acqua del diavolo”

Tant’è. Il discorso è un altro, però. E’ che le terme di acqua sulfurea di Triponzo, che ebbero una certa fortuna in epoca remota, restano lì, non valorizzate. Nonostante impegni, convegni, progetti, piani turistici di respiro regionale, ed un concorso europeo di project financing. Un sito che occupa un’area di quasi cinque ettari, con strutture di oltre 1500 metri quadrati, e che si sta cercando di rilanciare. Quelle terme, molto frequentate in epoca Romana, hanno avuto attrattiva fino alla fine dell’Ottocento, poi…
Lo zolfo oro del diavolo e i demoni dei monti Sibillini restano leggenda. Così come la tradizione che vuole che sgorghino dalla cavità di un vulcano. La spiegazione scientifica è che a dare odore e contenuto di zolfo all’acqua termale di Triponzo è che esse attraversano rocce porose di origine lavico-vulcanica. L’acqua esce dalle rocce a temperatura costante di trenta gradi.
Nei primi decenni del XX secolo l’attenzione, a Triponzo, si concentrò su altre acque: quelle del Vigi e del Corno che si gettano nel Nera proprio lì, tra quelle gole. Negli anni Trenta del ‘900, esse furono captate attraverso il canale Medio Nera che la società “Terni” costruì per portare l’acqua fino al lago di Piediluco ed alimentare le turbine della centrale idroelettrica di Galleto. Fu un grande investimento se si pensa che il canale, lungo quasi 50 chilometri, fu per la massima parte realizzato in galleria, con cinque ponti che scavalcano altrettante piccole vallate.Una galleria alta quattro metri e larga quasi altrettanto «in cui – riferivano le cronache del tempo – si potrebbero incontrare comodamente due automobili…». Negli anni Sessanta, il gruppo Finelettrica inserì nel suo programma di nuovi impianti «deliberato nel 1957 e che sarà completato – si annunciò – entro il 1963» la costruzione a Triponzo di una centrale della potenza di seimila kilowatt e dalla capacità produttiva pari a 54 milioni di kilowattora l’anno. Ma il 1963 è passato da più di mezzo secolo e quell’iniziativa è restata in sospeso.

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