1997, volantini elettorali pro Ciaurro all’uscita dalla messa: il parroco s’arrabbia

Campagna elettorale 1997. Gian Franco Ciaurro al Cinema-Teatro Politeama saluta i fans.

Il 20 aprile 1997 a Terni si era in piena campagna elettorale. Gian Franco Ciaurro aveva concluso il suo primo mandato di sindaco e si era candidato alla conferma. Ad appoggiarlo una lista civica, da lui stesso promossa: “Terni Libera”. A chi gli domandava in che senso, lui rispondeva sornione e nello stesso tempo deciso, con la sua erre francese: “Ma libera dai rossi, da chi sennò?”. Lo schieramento di centrodestra era ovviamente più consistente: c’era Forza Italia, il partito di Ciaurro, c’era Alleanza Nazionale.

Il centrosinistra candidava candidava Giampaolo Palazzesi, ma c’erano anche un paio di liste di “disturbo” con candidati propri. Una campagna elettorale, allora che non c’erano i selfie, i social e la “rete”, si combatteva anche a suon di manifesti elettorali, di volantini, brochure coi programmi e l’elenco dei candidati. Ed era, come tradizione a partire dalla fine del fascismo, una corsa ad accaparrarsi i posti migliori.

“Terni Libera” fu forse troppo aggressiva almeno in un’occasione. O almeno questo è quel che pensava don Sandro Sciaboletta, che era il parroco di Santa Maria Regina, chieda del centro di Terni. Il quale protestò vivacemente per il fatto che i volantini elettorali della lista guidata da Arturo Diaconale, vecchio ami co di Ciaurro, erano stati distribuiti all’uscita dalla messa principale della domenica. “Domenica 20 aprile – scrisse don Sandro ai giornali – è stata perpetrata una grave scorrettezza che si può configurare anche come reato, dato che è stabilito che la propaganda elettorale debba essere fatta, nella distribuzione di stampe, almeno a cento metri dalla chiesa e la propaganda con altoparlanti non dovrebbe disturbare le funzioni religiose”. Riferiva il parroco: “Alla messa delle dodici quella principale, propagandisti della suddetta Terni Libera si sono messi a distribuire dépliants propagandistici alle porte della chiesa”. Lui, però, non aveva dato alcuna autorizzazione. “Non so se quel termine “Libera” – concludeva sarcastico don Sciaboletta – indichi la libertà di fare ciò che si vuole ledendo la libertà degli altri e la legge”.

Cose da campagne elettorali, che di solito avevano come seguito qualche frecciata polemica, ma anche – come forse accadde allora – una telefonata di scuse bonarie da parte del candidato sindaco

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