Cgil: patto umbro-abruzzese contro Governo e “Terni”

Un patto di alleanza tra i ceti produttivi di tutte le province dell’Italia centrale interessate dall’attività del complesso “Terni”, fu stretto in un convegno che la Cgil tenne a Terni il 23 giugno 1950.
Le difficoltà del complesso “Terni”, controllato dallo Stato attraverso l’Iri, si facevano sentire, ed era il complesso delle attività economiche delle varie province che subiva i contraccolpi. Era tempo di licenziamenti annunciati e attuati in tutte le sedi produttive del gruppo: tra gli operai che a Teramo vedevano bloccati i lavori degli impianti idroelettrici del Vomano; a Terni dove erano stati fermati i cantieri di Recentino; agli stabilimenti elettrochimici di Papigno e Nera Montoro; nelle miniere di lignite del Bastardo per le quali erano stati annunciati licenziamenti per Ferragosto.

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1950, lavori interrotti per l’impianto idrolettrico sul Vomano

A rendere difficile la situazione della Terni non c’erano solo gli effetti della riconversione produttiva dopo la fine della guerra, ma anche quelli legati all’azione – sosteneva la Cgil – di “tre grandi monopoli privati interessati ai tre principali settori produttivi del complesso Terni”. La Montecatini che “soffocava” il settore chimico; la Falck che faceva la stessa cosa nel settore metallurgico; la Sme nel comparto idroelettrico. E in sovrappiù – denunciava la Cgil – c’è il cartello franco tedesco della siderurgia a mettere in difficoltà ulteriore la “Terni”. “Il Governo favorisce – accusava la Cgil – le manovre dei trust diminuendo la produzione e smobilitando”. La siderurgia doveva inoltre tener conto – sul frone dell’occupazione, della minaccia costituita dal “Piano Sinigaglia” di riconversione industriale, che prometteva lacrime e sangue (ne sanno qualcosa gli operai ternani licenziati a migliaia tra il 1952 e il 1953).
Nel settore idroelettrico – denunciava la Cgil – “nonostante la carenza di energia la Terni cerca di non mantenere gli impegni presi e lascia deserti i cantieri del Vomano e di Recentino e nega la costruzione della centrale di Bastardo”. La politica del governo – continuavano le accuse del sindacato – “ha portato dal 1948 ad oggi, in due ani, al licenziamento di settemila persone” creando seri problemi all’economia dell’Umbria e dell’Abruzzo.
Il convegno – presieduto dal segretario della Camera del Lavoro ternana Vincenzo Inches – col patto che ne scaturì segnò l’inizio di una mobilitazione organizzata a sostegno della richiesta di ripresa dei lavori e ultimazione degli impianti idroelettrici del Vomano e di Recentino; la costruzione della centrale di Bastardo; il potenziamento della produzione chimica.

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