Licenziamenti di massa, a Terni terzo sciopero in pochi mesi

Terni 4 settembre 1953

 

Sciopero generale di 24 ore a Terni. La città si fermava per la terza volta in pochi mesi. Era la protesta contro i settecento licenziamenti già effettuati dalla “Terni” e i duemila che pendevano sopra le acciaierie ternane e che avrebbero messo in ginocchio un’intera città e l’economia umbra. Una città paralizzata: fabbriche ferme, negozi chiusi, nessuna attività: banche, agenzie di assicurazione… tutto si bloccò.

Licenziamenti Terni 1953
L’entrata degli operai alle acciaierie

Una grande manifestazione cittadina si concluse con un’assemblea al teatro Verdi. Lì presero la parola,  il sindaco di Terni, Luigi Michiorri, il segretario della commissione interna delle acciaierie, Emlio Secci,  il presidente dell’associziaone commercianti, i rappesentanti di Cgil, Uil e Cisnal, il deputato socialista Lionello Matteucci.

I temi discussi e le richieste al governo furono gli stessi degli altri due scioperi generali il 12 dicembre 1952 e il 5 febbraio 1953: Il governo era sollecitato ad operare in difesa degli interessi nazionali contro le imprese straniere, una battaglia che si poteva combattere – si affermò – con l’apertura di nuove prospettive di lavoro e di produzione oltreché con la creazione di una grande impresa italiana che riunisse il sistema delle imprese Iri. Una strada che passava intanto attraverso l’annullamento dei licenziamenti massicci: quelli effettuati e quelli prospettati.

Come si sa, quei licenziamenti non furono evitati. La risposta del Governo presieduto da Giuseppe Pella allo sciopero del 4 settembre 1953 fu solo quella di un grande schieramento di polizia,  del pattugliamento della città con celerini armati e l’arresto di due lavoratori perché stavano facendo scritte sull’asfalto.

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