1860 a Terni, c’è chi combatte e chi festeggia

L’ordine era chiaro e perentorio: partenza immediata per Orvieto la mattina di sabato 8 settembre, passando per Amelia, traversando il Tevere in barca, che poi doveva essere affondata, in località Renaro. Con l’aggiunta di una raccomandazione: solo i capi dovevano conoscere la destinazione. La lettera era firmata Luigi Borri, veniva da Todi e portava la data del 7 settembre1860. Non erano così celeri Le poste dell’epoca da autorizzare a pensare che una lettera potesse arrivare a destinazione in un solo giorno: questo è ancor oggi, spesso, un pio desiderio. E’ che ci pensò un messo a consegnarla al circolo patriottico di Terni. Luigi Borri non esisteva, era una firma in codice, quella del comitato segreto di Todi. Era tutta in codice la corrispondenza tra i circoli segreti e i patrioti. E si usavano firme che cambiavano a seconda del destinatario, così se c’era un errore di consegna, chi riceveva la lettera sapeva che il vero destinatario era un altro. Il circolo segreto di Terni, tanto per dire, usava la firma “Cicerone” quando interloquiva con Spoleto che a sua volta era “Catone”. “Cicerone” cambiava in “Petrini” se la lettera da Terni era destinata a Foligno che a sua volta firmava la risposta per Terni “Maria Petrini”. Se da Terni si scriveva a Perugia, che era “Ezio”, la firma variava in “Leonida”, se a Viterbo (“Cassio”) o a Roma (“Vittorio”) diventava “Tacito”. Ed ancora: se Terni scriveva una lettera indirizzata contemporaneamente a Roma e Perugia, la firma era una frase: “Precipitasti lì nella tua fogna”.
La lettera del 7 settembre proveniente da Todi ordinava ai volontari ternani, già pronti e in attesa,di raggiungere la colonna dei Cacciatori del Tevere, che stava operando per la liberazione dai papalini della fascia che costeggiava il corso del fiume. Non furono pochi quei volontari che partirono da Terni se nell’ambito dei Cacciatori del Tevere si costituirono due compagnie “del Nera”. I cacciatori del Tevere erano comandati dal colonnello Luigi Masi. Nativo di Petrignano di Assisi, Masi era patriota di lungo corso, avendo preso parte alle cospirazioni romane antecedenti il 1848, ed essendo stato uno dei difensori di Roma alla caduta della Repubblica nel 1849.A comandare le due compagnie di volontari arrivati da Terni, Masi nominò due capitani, Alceo Massarucci e Lorenzo Caracciotti coadiuvati da due tenenti, Augusto Fratini e Alessandro Magalotti.
I Cacciatori del Tevere liberarono Orvieto l’11 settembre 1860 e proseguirono verso l’alto Lazio spingendosi fino a Civita Castellana e provando ad andare più avanti, verso Roma. Ma arrivò l’ordine di fermarsi, ed anzi di tornare sui loro passi. Il loro “obbedisco” precedette di qualche anno quello più celebrato di Giuseppe Garibaldi, ma anche nel caso dei Cacciatori del Tevere, le questioni diplomatiche ebbero la prevalenza. Nel frattempo le truppe piemontesi erano in marcia per liberare l’Umbria. Il 14 arrivarono a Perugia; il 17 a Spoleto. Il 18  i soldati piemontesi, comandati dal generale Filippo Brignone arrivarono a Terni.
Si fermarono in città, i piemontesi. E non si trovarono tanto male se, tre settimane dopo,al momento di andarsene,venne diffuso un volantino a firma degli “Ufficiali della colonna mobile di stanza in Umbria” i quali ringraziavano “i cittadini e dame per le fraterne accoglienze, banchetti e balli”.
Il Lazio e Roma diventarono Italia dieci anni più tardi. Terni da quel momento fu zona di confine ed in quanto tale ricoprì un ruolo di primo piano nel Risorgimento italiano. Diventando uno dei punti di raccolta di volontari per spedizioni volte alla liberazione di Roma,compresa quella conclusasi tragicamente a Mentana
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