2 giugno 1946, nasce la Repubblica dopo un referendum “chiacchierato”

Storia e Memoria

di SERGIO BELLEZZA

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Nel Meridione e nell’Italia occupata, già prima della Liberazione era ripresa l’attività politica. I partiti, riuniti nel C.L.N., discutevano di abbattere la Monarchia, compromessa col fascismo e responsabile della guerra. La cosa veniva affrontata a Salerno dal nuovo governo, che accogliendo la proposta di Togliatti di “una tregua istituzionale”, rinviava la questione a dopo la Liberazione, quando gli italiani sarebbero stati chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica. In compenso il Re s’impegnava a trasferire poteri della corona al figlio Umberto.

Nell’aprile del ’44 Umberto di Savoia era proclamato Luogotenente Generale del Regno, e il 25 luglio successivo, nel rispetto degli accordi, emanava il decreto che traduceva in legge quanto stabilito. Sarà lo stesso a indire per il marzo del ’46 la consultazione referendaria, in un’Italia stremata dal conflitto e limitata territorialmente dai trattati di pace.

Il 31 gennaio del ’45 la Consulta Nazionale approvava intanto la legge, che estendeva il diritto di voto alle donne. Il Paese recuperava un ritardo storico, incomprensibile per una società civile e uno Stato progredito, compiendo un atto di giustizia verso chi, durante la guerra e nella Resistenza, al ruolo tradizionale di moglie e di madre, aveva saputo coniugare quello di operaia e di combattente.

I comizi elettorali vennero fissati per il 2 giugno. Massiccia la partecipazione popolare al voto, l’84% degli aventi diritto. Anche in Umbria ed a Terni in particolare, dove il consenso per la Repubblica, terza provincia in Italia, raggiunse il 72.4 %.

Laborioso lo scrutinio a livello nazionale e incerto il risultato finale. Il 4 giugno fonti vicine ai Carabinieri informavano Pio XII della vittoria della Monarchia, con Alcide De Gasperi, che provvedeva a congratularsi telefonicamente con Umberto di Savoia. Il giorno successivo invece il Ministero degli Interni annunciava il successo della Repubblica con uno scarto di 2 milioni di voti.

Sulla veridicità del risultato elettorale si scatenava la polemica e nasceva un rebus storico su cui ancora oggi si discute. Sul Paese cadeva un clima di sospetto e il pericolo della guerra civile, con contestazioni e risorsi alla Corte di Cassazione da parte monarchica, che denunziavano condizionamenti nel voto e brogli elettorali, l’intempestività della consultazione, con tanti italiani ancora prigionieri di guerra e intere regioni non restituite alla madre patria.

Il pronunciamento della Corte che il 12 Giugno trasferiva in via provvisoria i poteri di Capo dello Stato alla Presidenza del Consiglio legittimava di fatto la vittoria della Repubblica. Il giorno seguente il Principe di Napoli, assurto al trono come re Umberto II, dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele III, lasciava il Paese per l’esilio portoghese. Rifiutava però di riconoscere la sconfitta della Monarchia e manteneva per se ed i propri eredi il titolo di Re d’Italia. Nell’ultimo dei suoi proclama affidava al Popolo Italiano la guida della Nazione e liberava le Forze Armate dal giuramento alla Corona. Il 18 Giugno la Corte di Cassazione proclamava ufficialmente la nascita dello Stato Repubblicano.

A distanza di quasi un secolo dall’Unità, si realizzava il sogno di un’Italia Repubblicana, di cui Mazzini era stato l’apostolo e il profeta.

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