Lacugnana, roccaforte rossa: “vietata” la propaganda ad altri partiti

Lacugnana era “rossa” e “rossa” voleva rimanere. Per gli altri, i partiti che non erano il Psi ed il Pci, la propaganda in paese era vietata. Fu una campagna elettorale aspra quella Lacugnanaper le elezioni amministrative che, divise in varie tornate si tennero nel 1951 in alcuni centri e nel 1952 in altri. Da una parte la Democrazia Cristiana che voleva confermare i risultati del ’48, dall’altra i socialcomunisti che puntavano a mantenere i Comuni dove avevano la maggioranza e conquistarne degli altri, erodendo i consensi ai clericali.

In Umbria si votò nel 1952 e i risultati dell’anno prima, con Comuni che avevano cambiato “casacca” da una parte e dell’altra, avevano contribuito a far salire la tensione. E’ quanto sperimentarono nella tarda serata del 19 maggio 1952, una settimana prima del voto, due attivisti del Psdi, Vittorio Cenzotti e Duilio Segatori, i quali avevano l’intenzione di affiggere manifesti di propaganda del loro partito a Lacugnana, frazione del Comune di Perugia, notoriamente rossa. I due socialdemocratici furono subito circondati da un gruppo di comunisti: “Nel nostro paese si attaccano solo manifesti comunisti o al massimo socialisti”, spiegarono. I due dovettero ritornare sui loro passi portandosi dietro colla e manifesti.

Il giorno prima, il 18 maggio, sempre a Lacugnana si era verificato un altro episodio intimidatorio nei confronti degli esponenti di una lista civica apparentata con la Democrazia Cristiana. Due di loro, Giorgio Spinelli e Lorenzo Mariani, si avventurarono nella frazione rossa con l’intenzione di tenervi un comizio. Appena il primo di loro aprì bocca davanti al microfono dell’altoparlante a tromba, fu zittito con fischi e urla, dopodiché ci fu chi si avvicinò minacciosamente al palco, Il comizio ovviamente non ci fu e ai due oratori mancati vennero buone le gambe.

Inevitabile l’intervento del Prefetto di Perugia il quale proibì che a Lacugnana si tenessero comizi di rappresentanti del Pci e del Psi per cinque giorni, cioè praticamente fino alla chiusura della campagna elettorale.

 

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