Narni, la tenacia di un medico strappa un neonato alla morte

Narni, 23 maggio 1965

Una nottata concitata, un impegno tenace, ma alla fine un giovane medico in servizio all’ospedale di Narni riuscì a riportare alla vita una neonato venuto alla luce ormai morto. Un’ora andarono avanti le operazioni di rianimazione del piccolo.  

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L’ospedale di Narni

Per la madre, purtroppo non c’era più niente da fare: era morta per uno scompenso cardiaco mentre suo marito l’accompagnava in ospedale. Avevano già quattro figli i due coniugi, era in arrivo il quinto. La donna era in età matura, aveva quasi cinquant’anni. Ma il decorso della gravidanza era stato normalissimo. Colta dalle doglie fu dal marito fatta salire su un motofurgone, l’unico mezzo di trasporto a disposizione della famiglia, per accompagnarla a partorire al reparto neonatale di Narni. Andava tutto bene, comunque. Tutto sembrava normale. Ad un tratto la moglie si è accasciata. Il marito ha tentato di rianimarla, invano. Non gli rimaneva che accelerare i tempi e giungere quanto prima all’ospeale. La donna vi giunse già morta. Il medico di turno al reparto neoanatale, Pietro Pacifici, 35 anni, non ci pensò neanche un attimo. La mamma era deceduta da venti minuti. Tentò di salvare il bambino. Praticò il taglio cesareo. Il piccolo non dava segni di vita. Cominciò con la respirazione bocca a bocca, poi aiutato dalle suore utilizzò gli apparecchi per la respirazione artificiale. Sembrava però che tutto fosse inutile, ma il medico non si arrese. Continuò, tenacemente. Un’ora lunga un secolo, una tensione altissima rotta ad un certo punto da un vagito. Il bambino era salvo. Dopo poche ore fu dichiarato fuori pericolo. Lo chiamarono Pietro.

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