1720: il Comune di Terni adotta misure contro la corruzione

Il 24 novembre 1720 la pacchia finì. Perché il Consiglio di Credenza del Comune di Terni decise che da allora in poi le bollette di riscossione presentate da chiunque avesse compiuto lavori per il Comune non potessero più essere pagate sulla parola. Prima di pagare, cioè, si sarebbe dovuto procedere ad una approfondita valutazione per stabilire se la cifra richiesta era congrua o no.
Accadeva troppo spesso infatti che conti e prezzi di manodopera venivano alterati ed il Magistrato , ossia il capo dell’amministrazione comunale, “poco cauto o dimentico de’ propri doveri e della tutela dell’interesse pubblico o per inopportuno quanto ingiusto favore verso l’artiere, senza veruna difficoltà li approvava, rilasciandone bolletta per un prezzo eccedente pagabile colla pecunia comunale”.
Ma da quel giorno tutto cambiò, perché il consiglio di Credenza ordinò, appunto, che prima di pagare “i conti dati fossero stati rigorosamente sindacati da persone oneste dell’arte prescelte dal pubblico Consiglio, le quali verificata l’esatta esecuzione del lavoro, ed attribuita a questo la mercede giustamente dovuta, precisassero la somma da rilasciarne bolletta”.
Insomma c’era chi faceva “la cresta”, come si dice. Ma da allora cambiò tutto, perché si ordinò che quella norma così rigorosa fosse “legge di perenne osservanza”.
Non si sa se, col passare dei secoli, l< ferrea regola è rimasta in vigore o no.

 

Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione 
di memorie storiche tratte 
dai protocolli delle antiche riformanze 
della città di Terni dal 1387 al 1816". 
Ristampa a cura di Ermanno Ciocca. 
Terni 1977, Ed. Thyrus.

 

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