Collescipoli: un secolo fa si aprì l’acquedotto, ma la fontana è ancora imbavagliata

COLLESCIPOLI

STORIA E MEMORIA

Storia e memoria rubriche fonderia calvi VELIVOLO

di SERGIO BELLEZZA

A cavallo del XX sec. la penuria idrica assillava gli abitanti di Collescipoli. Ci si approvvigionava d’acqua potabile nelle piccole sorgenti adiacenti al paese o nel pozzo fuori Porta Sabina; per lavare panni e stoviglie, la si prelevava in quelli davanti S. Maria e S. Nicolò. Compito delle donne, che trasportavano la prima con torcello e brocche in testa, l’altra con secchi e bidoni.

A cancellare le difficoltà la realizzazione dell’acquedotto comunale, dopo lunghe trattative col comune di Stroncone e gli abitanti di Vasciano, dalle cui sorgenti si sarebbe approvvigionato. A schiodare la situazione la risolutezza del sindaco Oreste Venturini e l’intervento del Prefetto di Perugia, che dichiarava l’opera di interesse pubblico. Progettato dell’ing. Bartoli, lo stesso fu realizzato in meno di un anno e il 5 settembre del 1902, come scrive Cristina Sabina, “la gente di Collescipoli ebbe l’acqua potabile”.

Realizzate lungo il tragitto tre fontane di campagna, sia ad uso domestico che per l’abbeveraggio degli animali: una a S. Andrea, l’altra a Palombara di Luzzi, l’ultima sulla Madonna del Colle. Ad erogare l’acqua in paese, 4 fontanelle dello stesso tipo di quelle delle Ferrovie, a Piazza della Rocca, in via Aspromonte Luzzi, giù lu spiazzu de’ Feliciola, in via Luigi Masi davanti all’avvocato. Ad esse se ne aggiunse negli anni ‘60 una quinta, nella Piazzetta del Sole dove “abitava lu sindacu”. Rappresenteranno per anni momento di incontro e di socializzazione, fonte di chiacchiere e pettegolezzi. A Piazza Risorgimento invece, davanti a Palazzo Catucci, una “Fontana di mostra a bacino di maggiore decorazione e a doppio getto continuo”. A realizzarla appositamente per Collescipoli, la S.A.F.F.A.T., che ne utilizzerà poi ko stampo per soddisfare altre richieste, come ad es. le cinque di Norcia.

Sulla capiente vasca volteggiavano i piccioni, qualche pesciolino, pescato “su la Laja o giù fiume”, destava all’interno la curiosità dei bambini.

L’acqua di sfioro, per caduta, andava a riempire il lavatoio pubblico sotto le mura, dove tutto il paese andava a lavare i panni.

Progettato dall’ing. Ceccarelli, fu costruito in soli tre mesi nel 1907. Un sistema idrico realizzato con sapienza, che rispondeva alle necessità della comunità. Sulla piazza quella fontana a dargli maggiore dignità, con la sua vivacità. Da qualche anno i suoi getti sono stati otturati e non spruzzano più acqua. Nel silenzio più assoluto: della gente che brontola, ma non protesta, delle associazioni locali, la Pro Loco destinata per natura a preservare le bellezze del territorio, l’Astrolabio artefice negli anni di tante iniziative nell’interesse del paese

La Piazza ha così perso di poesia e la fontana rimasta un semplice elemento decorativo, senza vita. Nulla in confronto alle consorelle di Norcia, che col fragore dei loro zampilli, all’indomani del terremoto, ammonivano i poveri Nursini, martoriati nel corpo e nello spirito, che la vita continuava e con essa la speranza nel futuro.

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