La gioia per un pallone di cuoio e il timore di perderlo subito: ma la vanga va sempre sul piede dell’ortolano

pallone manni

TERNI MIA

di LORENZO MANNI

Era di questi tempi, durante le vacanze estive, a metà/fine degli anni 50. Pomeriggi caldi, ma noi ragazzi non è che lo soffrissimo molto il caldo: pomeriggi passati a giocare a pallone in mezzo alla strada, dove il traffico era molto limitato. Palloni di cuoio non ne avevamo mai avuti…utilizzavamo quelli di gomma, leggeri e mezzo afflosciati, ma ci divertivamo uguale. Si giocava ad “una porta “, spesso incustodita perché nessuno voleva assolvere al ruolo di portiere, e così via per ore ed ore fino a che le voci delle madri richiamavano i giocatori per la cena.

Si ritornava a casa con le ginocchia sbucciate e le gambe impolverate. Una lavata alla meglio e subito a cena.
Poi…un giorno, Mario, che nonostante avesse la stessa nostra età, già “lavorava” come garzone di un generi alimentari, portò al gruppo un pallone di cuoio, di quelli che avevano la camera d’aria interna e che si chiudeva con i lacci, come quelli delle scarpe . Lo aveva trovato a “Capri” dove lui si recava a fare il bagno. Probabilmente era caduto in acqua durante un allenamento della Ternana lì, alla “Pista” e non era stato recuperato dai giocatori. Così , contenti di questo regalo, facemmo la valvola per gonfiarlo recuperandola da Nazzareno ,il ciclista di San Valentino, che la estrasse da una camera d’aria di bicicletta. Stringemmo il laccio e gonfiammo il pallone, poi andammo dal macellaio ( l’articolo ) e ci facemmo dare un po’ di seco per spalmarlo sul cuoio.
Come brillava ora quel pallone! Era nato a nuova vita e pronto per essere utilizzato.
Così ci mettemmo a giocare in mezzo alla strada, ma non andò tutto bene. Un calcio non calibrato mandò il pallone sull’orto adiacente la strada e , malasorte volle, che l’ortolano stesse temperando i pomodori. Chiedemmo di ridarcelo, promettemmo che saremmo stati più attenti, lo supplicammo, ma lui, arcigno, non ne volle sapere. Prese il pallone, lo mise stretto fra i piedi ed alzando la vanga aveva l’intenzione di farlo scoppiare. Energicamente, dall’alto verso il basso, colpì con la punta della vanga il pallone; questo, gonfio al massimo e ben lubrificato, respinse e fece scivolare la punta della vanga che , nella sua inerzia , andò a colpire il piede dell’ortolano fra le risate di tutti noi e le imprecazioni condite da bestemmie del “vangatore”.
Ricordi di adolescenza.

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