Per far fronte al pericolo ed evitare che la città e i campi nei suoi dintorni fossero mesi a ferro e fuoco, una delegazione di cittadini si recò al campo e per dimostrare la propria “amicizia” offrì una serie di golosità allo Sforza mentre provvedeva al vettovagliamento dei soldati: “In quattro e quattr’otto – spiegarono i legati ternani – è il meglio che siamo riusciti a mettere insieme”. Il moscatello, in effetti, come vino non era proprio il meglio, essendo ottenuto aggiungendo acqua ai raspi e alle bucce dell’uva.
Per concludere un accordo pacifico, però, tutto questo non bastò. Lo Sforza chiese anche che fosse ricostruito quel ponte che avrebbe consentito alle sue truppe di marciare più speditamente verso Roma. Come fai? Gli dici di no? Il ponte era crollato di recente ed era quello che a Porta Sant’Angelo scavalcava la “forma nuova”. Subito ci si mise all’opera. E così i ternani se la cavarono.
Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione di memorie storiche tratte dai protocolli delle antiche riformanze della città di Terni dal 1387 al 1816". Ristampa a cura di Ermanno Ciocca. Terni 1977, Ed. Thyrus.
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