Terni 1915: l’ “allegra” gestione del Comitato di assistenza alle famiglie dei militari

Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia mentre i soldati partivano per il fronte sorgevano i comitati di preparazione civile, chiamati poi comitati di mobilitazione civile, con lo scopo di provvedere all’assistenza delle famiglie dei militari, preparare gli ospedali per i feriti, prevenire la diffusione delle malattie infettive, tenere alto il morale della nazione e predisporre tutto il fabbisogno che le circostanze avrebbero richiesto.

Nel dicembre del 1915 il Comitato di mobilitazione civile di Terni fu al centro di una polemica sull’impiego dei fondi. Ad innescarla fu L’Avanti, che chiese che si rendessero pubbliche le entità di entrate e uscite e soprattutto se erano correttamente perseguite le finalità proprie dei Comitato civili. “Si dice – riferiva l’Avanti che il Comitato di mobilitazione di Terni abbia un fondo di non meno di ottantamila lire”.  Un capitale che – aggiungeva il giornale socialista – “cresce ancora mese per mese, giacché le riscossioni ordinarie salgono a lire ventimila al mese”. Si trattava di contributi che provenivano anche dal ritiro di una quota  sullo stipendio dei lavoratori per cui, secondo l’Avanti essendo “quei denari cavati dalle tasche del proletariato, dovrebbe eseree il proletariato a disporne”.

Continuava l’Avanti, “Inoltre si sono dati, e continuano a darsi spettacoli teatrali, si raccolgono altri danari ed è sempre mercè il contributo della massa operaia che si accumulano sempre nuove somme”. Insomma un comitato civile ricco mentre i destinatari dell’assistenza a Terni erano un numero contenuto, dato che gli operai metallurgici non erano stati richiamati alle srmi”. L’Avanti rivendicava perciò il diritto dei lavoratori a conoscere nei particolari i modi in cui era impiegato quel capitale,.

Alla protesta de L’Avanti! si aggiunse quella dei Comitati dei paesi della Valnerina i quali non condividevano la decisione del comitato di Terni di trattenere le varie somme che gli operai della Valnerina lasciavano alle amministrazione degli stabilimenti di Terni, che invece – sostenevano – dovevano essere utlizzate dai comitati dei comuni di residenza quegli operai.

Il comitato di Terni – riferiva l’Avanti! – “Si è opposto risolutamente alle lòro richieste, specie ci dicono, il generale Gardini ed il sottoprefetto. Il quale sotoprefetto avrebbe minacciato di scioglimento quei comitati dei paesi nel caso che essi avessero persistito nelle loro richieste. E guai se quaòcuno avesse pensato di dimettersi per protesta, perché non si accettavano dimissioni. “Dunque – concludeva l’Avanrti! – niente denari, niente protesta; niente dimissioni. Quei comitati sono composti di liberi cittadini o da servitori comandati?”.

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