Valnerina terra di santi, eremiti e pure di una Chiesa eretica fondata dal conte di Campello

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Storia e Memoria

di SERGIO BELLEZZA

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La Valnerina, terra di santi e di eremiti, a quanto si dice, ha accolto nel tempo Catari, Templari e movimenti eterodossi, guadagnandosi, come scrive Tommaso da Celano,  l’appellativo di “valle eretica”. L’ultima di queste  presenze, a cavallo del XX sec., quella della Chiesa Nazionale Italiana del conte  Enrico di Campello, che  ebbe Arrone come teatro principale.

Nato nel 1831 a Roma da nobile famiglia spoletina, questi sarebbe stato spinto al sacerdozio dai congiunti, che cercavano di riabilitarsi agli occhi del Papa, dopo essersi compromessi nel ’48 colla Repubblica Romana. Sostenuto dal card. Serafini, suo parente, compiva una rapida carriera, che a soli 30 anni lo portava a diventare canonico della Basilica di S. Pietro.

Rimasto deluso dai giochi di Palazzo, agli agi della Curia preferì la predicazione nel quartiere popolare di Trastevere e l’istruzione dei poveri adolescenti nella “Scuola degli Ignorantelli”. Ad accrescere il suo disagio i dogmi dell’Infallibilità del Papa e dell’Immacolata Concezione, sanciti nel 1870 dal Concilio Vaticano, che vide come reazione la nascita di Chiese nazionali in Germania, Svizzera e nella stessa Francia. In Vaticano si formava invece un gruppo clandestino, con a capo il  Campello,  intenzionato a promuovere dall’interno la riforma di “Santa Madre Chiesa”.

Scoperto e ridotto al silenzio, Enrico nel 1881 ruppe colla stessa e fondò a Roma la Chiesa Nazionale  Italiana. Essa si rifaceva al “Vecchio Cattolicesimo”,  vedeva in Cristo il solo Capo, nella Tradizione e  nelle Sacre Scritture gli unici fondamenti. Disapprovava il Concilio di Trento e rifiutava le conclusioni del Concilio Vaticano I. In essa i Vescovi erano approvati e i pastori nominati dal sinodo dei fedeli, che si teneva una volta l’anno. La liturgia riduceva il culto dei Santi e quello dei Riti sacri, ripristinava nell’Eucaristia l’uso del calice, concedeva ai fedeli di sottoporsi o meno alla Confessione, riteneva il celibato dei preti una libera scelta. Celebrava la messa in lingua italiana e istituiva un Consiglio pastorale, innovazioni che verranno introdotte dalla Chiesa cattolica solo un secolo più tardi col Concilio Vaticano

II. Il 29 settembre 1884 la Chiesa Nazionale  era dichiarata eretica dal card. Parrocchi,  vicario di Roma, condanna ribadita  la vigilia di Natale da papa Leone XIII, scagliatosi contro “[…] gli insensati conati di coloro che si arrogano l’empia missione di fondare per l’Italia una nuova Chiesa”.

Incerto e sconcertato il Campello, su consiglio degli Anglicani, ne trasferì la sede ad Arrone, dove la famiglia  possedeva case e terreni. Creata una cappella nella sua abitazione a “Le Terre”,  nel 1886 con passione e zelo iniziava la predicazione, che favorita dal bisogno di spiritualità della popolazione e dalle carenze della Chiesa secolare, lo portò a costituire congregazioni in tutta la bassa Valnerina e nella vicina diocesi ternana. A riconoscerlo lo stesso vescovo di Terni, mons. Moretti: “ La setta sacrilega dei vecchi cattolici capitana dal famoso Conte di Campello, che tiene suo leggio in Arrone,  è venuta ad annidarsi, oltre che in città […], anche in un vecchio castello di questa Diocesi, chiamato Papigno […] paesuccio (dove) un parroco quasi nonagenario e un altro vecchio prete, sordo e quasi cieco […] sono quasi inetti all’adempimento dei loro doveri, e quindi terreno di facile conquista”.

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