Pochi giorni dopo quel 7 ottobre entro in vigore il regolamento concernente la privativa: “Vietato a chiunque altro fuori del privatario di tenere aperte ed esercitare osterie, locande e altri alberghi di sorta. Egli l’appaltatore ne tenga aperte sempre non meno di quattro e ben fornite dell’occorrente”. Si pensava anche alla qualità delle strutture, in sostanza, mentre – volendo – la direttiva si potrebbe interpretare anche come una facilitazione a creare “catene alberghiere” seppur a livello cittadino.
Gli obblighi non finivano qui, perché c’era aggiunto un ulteriore capoverso alla delibera del senato cittadino: “Transitando milizie di ogni specie, [il privatario] debba dare anco a queste albergo conveniente e fissato il prezzo dei commestibili di trattamento e degli alloggi, senza poterlo aumentare oltre”. Non mancavano altri obblighi “minori” destinati a tutelare i diritti degli albergatori e degli ospiti.
Fonte: Lodovico Silvestri,
“Collezione di memorie storiche
tratte dai protocolli
delle antiche riformanze della città
di Terni dal 1387 al 1816″.
Ristampa a cura di Ermanno Ciocca.
Terni 1977, Ed. Thyrus.