1529, Terni “nazionalizza” alberghi e osterie

osterieLe casse comunali ternane erano “allo stremo”: sognava prendere provvedimenti e così il 7 ottobre 1529 il senato cittadino decise di procedere. Su cosa puntare per rimpinguare in qualche modo le tasse? Ma su quello che oggi definiremmo il comparto turistico – ricettivo, ma che allora era valutato anche come luogo in qualche occasione di spese superflue. Il Comune di Terni decise allora di formare una privativa, un monopolio sugli alberghi e le osterie. Una specie di nazionalizzazione, in sostanza. Ragion per cui alberghi e osterie erano date in affitto a chi avesse versato una sovvenzione alle casse comunali.
Pochi giorni dopo quel 7 ottobre entro in vigore il regolamento concernente la privativa: “Vietato a chiunque altro fuori del privatario di tenere aperte ed esercitare osterie, locande e altri alberghi di sorta. Egli l’appaltatore ne tenga aperte sempre non meno di quattro e ben fornite dell’occorrente”. Si pensava anche alla qualità delle strutture, in sostanza, mentre – volendo – la direttiva si potrebbe interpretare anche come una facilitazione a creare “catene alberghiere” seppur a livello cittadino.
Gli obblighi non finivano qui, perché c’era aggiunto un ulteriore capoverso alla delibera del senato cittadino: “Transitando milizie di ogni specie, [il privatario] debba dare anco a queste albergo conveniente e fissato il prezzo dei commestibili di trattamento e degli alloggi, senza poterlo aumentare oltre”. Non mancavano altri obblighi “minori” destinati a tutelare i diritti degli albergatori e degli ospiti.

 

Fonte: Lodovico Silvestri,

“Collezione di memorie storiche

tratte dai protocolli

delle antiche riformanze della città

di Terni dal 1387 al 1816″.

Ristampa a cura di Ermanno Ciocca.

Terni 1977, Ed. Thyrus.

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