In Umbria fu incaricato dell’esecuzione delle nuove disposizioni Monsignor Benedetto Guidalotti di Perugia. Monsignore era Chierico di Camera, Nunzio apostolico ed amministratore del patrimonio di San Pietro, del Ducato di Spoleto e delle Terre Arnolfe, nonché tesoriere generale di Santa Chiesa.
Le principali prescrizioni contenute nella bolla papale, nel caso di Terni, riguardavano il comportamento degli esattori comunali, i quali “non mal versino o esigano con prepotenza e violenza le rendite pubbliche abusando del loro officio; non spendano od esigano oltre il tabellato e i ruoli di esigenza”.
Alcune direttive riguardavano il ruolo dei Banderari, i rappresentanti di quella che sarebbe stata secoli dopo definita la borghesia artigiana e commerciale, i quali sedevano nel consiglio cittadino insierme ai Cittadini, ossia i rappesentanti dei nobili e dei proprietari terrieri. Si prescriveva che i Banderari in carica non potessero essere più di 24 (e 24 erano comunque i Cittadini), che sarebbero decaduti dopo sei mesi dall’elezione. In questo periodo “godano di tutti i privilegi, esenzioni e prerogative personali o inerenti” legate all’ufficio ricoperto, dettavano le norme del papa.
Fra gli eletti non doveva esistere alcun motivo di odio o rancore personale, per cui una volta diventati Banderari si doveva mettere da parte inimicizia, allo scopo di essere nella condizione di assicurare una “imparziale e spassionata amministrazione del loro geloso incarico”.
Fonte: Lodovico Silvestri, “Collezione di memorie
storiche tratte dai protocolli
delle antiche riformanze della città di Terni dal 1387 al 1816″.
Ristampa a cura di Ermanno Ciocca. Terni 1977, Ed. Thyrus.