Fosso di Stroncone: dai “Prati” al Nera, passando per San Valentino, secoli di storia

Dalla raccolta di acque piovane, alla funzione di fogna a cielo aperto; la guerra e le bombe, il transito dei “Liberatori” e ora il recupero delle sponde

TERNI MIA

di LORENZO MANNI

Il fosso che passa nella zona San Valentino-Borgo Garibaldi è chiamato “Fosso di Stroncone San Valentino” e si estende in lunghezza, a partire dalla località I Prati di Stroncone: ha inizio dalla Madonna del Tresto, in zona Crocemicciola di Stroncone, e scende sul percorso francescano fino alla confluenza nella Nera. Non ha una sorgente. Nel suo percorso, raccoglie le acque meteoriche della montagna e dei campi che attraversa.

A partire dalla zona San Rocco, confluiscono nel fosso tutte le formette di derivazione del canale Cervino e del canale San Rocco (derivato a sua volta dal canale Cervino) . A volte, nelle stagioni delle piogge, assume caratteri torrenziali e fino agli anni 60 del secolo scorso era soggetto ad esondazioni. Successivamente opere di bonifica e di contenimento hanno evitato gli allagamenti delle zone confinanti, per lo più campi.
Mi sono stati raccontati episodi sul fosso relativi alla seconda guerra mondiale.

tgerni san valentino, fosso stroncone

Il 13 giugno, giorno della Liberazione di Terni , erano rimasti pochi guastatori tedeschi in zona per coprire la ritirata e per frenare l’avanzata delle truppe alleate della ottava armata inglese , comandata dal generale Alexander, che provenivano dalla Salaria . Verso le ore 9,30 fecero saltare il ponte (1) sul fosso di Stroncone e , da testimonianze, le case vicine anche distanti duecento metri ne risentirono poiché caddero soffitti. C’è stato anche un morto in quella occasione che è bene ricordarne il tragico destino(__>). Alla sommità della parte della Salaria, al culmine della Macchia di Bussone, in una zona in cui si può osservare tutta la Conca Ternana da sud, c’era (ancora esiste la struttura) una postazione antiaerea presidiata da tre soldati italiani. Questi, per non essere irregimentati dai tedeschi in ritirata, si erano rifugiati presso la casa colonica di contadini della famiglia Chiaranti che li ospitò con i rischi dovuti ai tempi. Sfortuna volle che uno di questi, tale Simoncini o Simoncelli (la fonte non ricordava il nome preciso), dell’Alta Italia per il suo accento, quella mattina si recasse al Borgo Garibaldi (San Valentino) per alcuni acquisti. Vedendo i guastatori si nascose nel fosso e fu colpito dai detriti morendo.

Questa vicenda mi è stata raccontata da tre persone in occasioni differenti, ma una mia ricerca presso l’archivio comunale non ha dato nessun esito positivo. Gli altri due militari, uno di Roma, partì per ritornate a casa, ma probabilmente fu preso dai tedeschi e di lui non si seppe più nulla. Il terzo invece rimase a lungo nella casa dei contadini poi ritornò nella sua casa in Sardegna, mantenne comunque amicizia con la famiglia che l’aveva ospitato.

Ritornando alla demolizione del ponte, altre fonti testimoniarono che: “non era ancora svanito l’odore acre dell’esplosione che gli alleati (inglesi ed indiani) con mezzi grandi mai visti, ruspe e camion ripristinarono il passaggio che permise alle truppe di transitare dalla parte sud per Terni.

Noi ragazzi , che portavamo i pantaloncini corti, guardavamo di nascosto il passaggio degli indiani perché ci dicevano che ci avrebbero rapito “. La descrizione dei “potenti mezzi” mi è stata data anche da un altro testimone del fatto, aggiungendo un particolare, cioe che i genieri alleati presero i fusti di benzina vuoti, ne tolsero il fondo e li misero sull’alveo del fosso per poi aggiungere terra lateralmente e sopra realizzando un passaggio e contemporaneamente permettendo all’acqua di defluire.
Successivamente fu ricostruito il ponte con una inclinazione leggermente differente da quella originale. Si vede ancora oggi guardando dal ponte stesso le opere di fondazioni precedenti. Il parapetto di protezione fu realizzato da colonnine in calcestruzzo verticali e correnti orizzontali in tondino. Alla fine degli anni 60 fu sostituito dalle strutture tubolari oggi esistenti.

Un utilizzo particolare del fosso, di cui sono direttamente testimone, era il recupero della breccia lungo il suo alveo. Breccia che veniva utilizzata negli anni 50 per il calcestruzzo di opere non portanti come muretti oppure come ciottolato di strade secondarie.

Negli anni 80, in occasione dell’Ascensione, i ragazzi ,che si erano procurati fascine e legna da bruciare, accendevano i “ focaracci “ dentro l’alveo, naturalmente nelle zone asciutte; già da diverso tempo non era consigliato accenderli nelle strade o nei piazzali per questioni di sicurezza.
Bisogna anche dire che negli anni 50 vi fu una grossa espansione edilizia nella zona che era sprovvista di fogne. Le abitazioni si servivano della fossa settica per i propri servizi. Le costruzioni limitrofe al fosso vi scaricavano le acque reflue. Era vietato, ma tollerato finche’ non fu realizzata la rete fognante.

Vicinissima al ponte, a circa un metro dal livello stradale, c’era una sorgente di acqua potabile denominata “ sorgente La Bella“riportata anche dal Bergui nella sua pubblicazione. Era la sorgente con la più piccola quantità di acqua fra quelle censite in tutto il territorio ternano; la sua portata, misurata negli anni 30, era di 0,02 mc / sec. Dopo le ultime edificazioni e bonifiche è sparita.

Sparita anche la “palla“ di pietra che rappresentava il mondo, e che era sopra alla colonna che, sul ponte, indicava la via Salaria. Questa sfera agli inizi degli anni 50 fu gettata nel fosso, non si conoscono i motivi, e vi rimase per diverso tempo finche la “ piena “la trasportò”a valle. Sopra alla colonna fu poi collocata l’edicola votiva della Madonna con la scritta “Salus in periculis “ .

Anche un incidente avvenne nei pressi del ponte. Un’auto, ricordo una 850, quindi siamo alla metà degli anni 60, per incapacità del conducente, finì nel fosso. Ancora non era stato realizzato il muro di protezione sulla parte sinistra del deflusso.

Attualmente sono in corso lavori per la sistemazione delle sponde e del ponte nella zona san Giovanni da parte del Consorzio Tevere Nera che ha il compito di manutenere il fosso.

1) Il ponte in cemento armato era stato costruito nel 1931
Fascicolo/Protocollo/Repertorio: fasc. 156 rep. 194
Titolo: Verbale d’asta per l’appalto dei lavori di costruzione di un ponte in cemento armato, sul fosso di Stroncone, lungo la strada provinciale Ternana per Cantalupo.
Periodo di riferimento: 24/09/1931; 
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